Purché non si attacchi il territorio russo. Il vincolo alle forniture di armi degli alleati occidentali dell’Ucraina, Stati uniti in testa, è sempre stato questo. Ma se Kiev ci pensa da sola ad attaccare il territorio russo come è successo la scorsa notte?

IN ATTESA di reazioni ricostruiamo i fatti. Durante la mattinata di ieri siamo venuti a conoscenza del fatto che diversi droni d’assalto, dei quali non conosciamo ancora le specifiche tecniche ma su questo torneremo in seguito, si sono abbattuti su almeno 6 regioni della Federazione russa. Il caso più eclatante è senz’altro quello del villaggio di Gubastovo, che si trova a circa 100 km a sud di Mosca e a più di 600 km dal confine russo-ucraino. Qui il drone si è schiantato prima di raggiungere il suo obiettivo, una stazione di compressione di gas di proprietà del colosso energetico Gazprom. Il governatore della regione di Mosca, Andrej Vorobjev, ha poi ribadito su Telegram che «l’obiettivo del drone era un’infrastruttura civile che però non è stata danneggiata. Non ci sono vittime o danni. Il servizio per la sicurezza federale (Fsb) e le altre autorità competenti si occupano della situazione, i residenti non sono in pericolo e le reti regionali di distribuzione del gas operano in modalità normale».
Secondo il ministero della Difesa russo, altri velivoli sono stati abbattuti nella repubblica federale dell’Adighezia e nelle regioni di Brjansk e Krasnodar. A Tuapse, un deposito petrolifero di proprietà della società Rosneft è stato avvolto dalle fiamme in circostanze ancora da chiarire.

PRIMA CHE LA NOTIZIA si diffondesse, l’emittente locale 93.ru aveva segnalato due esplosioni nell’area del deposito petrolifero, citando i residenti di Tuapse. L’amministrazione locale ha dichiarato che l’incendio si è sviluppato in un locale adiacente al deposito, estendendosi per almeno 200 metri quadrati senza però interessare i serbatoi di petrolio. Si noti che la città di Tuapse si trova 680 chilometri a sud-est del più vicino territorio controllato dall’Ucraina sulla costa del Mar Nero, nella regione meridionale russa di Krasnodar. Secondo l’agenzia di stampa russa Astra, il deposito di petrolio colpito si trova accanto a una caserma militare. Forse chi ha ideato l’attacco pensava di cogliere i proverbiali due piccioni, ma al momento delle condizioni della base non sappiamo nulla. Inoltre, ieri si sono registrati dei momenti di grande preoccupazione anche a San Pietroburgo, dove addirittura è stato chiuso lo spazio aereo per alcune ore a causa di un «velivolo non identificato».

L’ALLARME è stato diffuso su diversi canali Telegram che ci forniscono anche informazioni interessanti sui primi sviluppi. Secondo uno di questi canali, Baza, a San Pietroburgo è stato attivato il piano “tappeto” che prevede il decollo dei caccia e la sospensione dei voli civili laddove si verifichi una violazione dello spazio aereo o del territorio nazionale. A quanto pare alcune emittenti radio delle aree interessate dagli attacchi hanno diffuso l’invito a cercare riparo, ma il ministero delle Emergenze nelle ultime ore ha minimizzato il pericolo. Comportamento che, sembra, ha iniziato a causare scetticismo e sospetti tra la popolazione russa.
Si noti che lunedì le autorità della regione di confine di Belgorod avevano dato notizia del ritrovamento di 3 rottami di droni su due strade e in un palazzo del capoluogo regionale. Il sindaco, Valentin Demidov, ha dichiarato che non si registrano feriti. Il ministero della Difesa russo ha subito accusato l’Ucraina degli attacchi ma Kiev per ora non ha commentato.

LA PRIMA REAZIONE del Cremlino è stata, secondo l’agenzia Tass, di assegnare all’Fsb (i servizi di intelligence interna) il controllo diretto del confine con l’Ucraina per evitare l’ingresso nel Paese di eventuali sabotatori il cui scopo sarebbe «dividere la Russia». Del resto, secondo il presidente Putin, «è ovvio che ciò è collegato ai tentativi del regime di Kiev di utilizzare metodi terroristici, ne siamo ben consapevoli, li usano da molto tempo nel Donbass». Il leader del Cremlino ha poi accusato, come di consueto, «l’Occidente collettivo» che «aspira a rilanciare le cellule di estremisti e terroristi sul territorio della Federazione Russa».
A tale proposito sembra che il parlamento russo a breve potrebbe anche introdurre una legge per rendere reato la «russofobia». La proposta nasce dal capo del Consiglio russo per i diritti umani, Valery Fadeyev, vicino al presidente Putin, il quale vorrebbe «arrivare ad una definizione legale di russofobia, con una lista di articoli di legge penali applicabili» in patria e all’estero. È proprio quest’ultimo punto a risultare particolarmente problematico, come si potrebbe perseguire gli stranieri accusati di tale reato in un Paese sovrano risulta molto difficile da comprendere.