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Droghe, non psichiatrizzare i consumatori

Fuoriluogo La rubrica settimanale a cura di Fuoriluogo
Pubblicato circa 2 mesi faEdizione del 28 agosto 2024

Abbiamo aderito come Cgil e Forum Droghe con convinzione all’Appello «Fermare una tragica nostalgia di manicomio, e reagire» lanciato dalla società civile contro il Disegno di legge numero 1179/2024, presentato dal senatore di Fratelli d’Italia Zaffini e sottoscritto da altri 24 senatori della Repubblica. Come scritto nell’appello ritornerebbero le «misure di sicurezza» speciali, che riportano ai tempi di una psichiatria manicomiale controllata dal ministero dell’interno e dal potere giudiziario, mentre con lo sdoganamento delle «misure e trattamenti coattivi fisici, farmacologici e ambientali» si evoca in qualche modo il regolamento manicomiale del 1909. Il Trattamento sanitario obbligatorio (Tso) raddoppierebbe la durata a 15 giorni, «prolungabile». Invece di potenziare i servizi territoriali previsti dalla legge 180, il ddl punta all’aumento del numero dei servizi psichiatrici di diagnosi e cura (Spdc) ospedalieri.

In carcere si istituirebbero «sezioni sanitarie specialistiche psichiatriche», nelle quali sarebbe possibile effettuare il Tso. Fuori dal carcere aumenterebbe il numero di posti in ogni Rems.
Il disegno di legge contiene però non solo una nostalgia di manicomio, purtroppo diffusa sempre più, ma propone anche una logica più generale di attacco al modello territoriale di tutela e promozione della salute, legato in parte alla privatizzazione selvaggia in atto del sistema sanitario.

Sentiamo il bisogno, in questo contesto, di evidenziare che nel ddl Zaffini alla lettera e) dell’articolo 3 con il titolo «Attività di cura» si scopre, quasi per caso, nascosta com’è tra le tante voci, l’assegnazione esplicita ai dipartimenti di salute mentale delle competenze sui servizi per le persone che usano droghe (pud): «Servizi per le tossicodipendenze (SerT) e servizi per le dipendenze patologiche (SerD), sia farmacologiche che comportamentali».

Abbiamo più volte argomentato come questo annullamento dello specifico, complesso e articolato mondo dei servizi per le «pud» e per le dipendenze, che va dalle aree più marginali (senza dimora, migranti, poveri) a quelle più socialmente integrate nei contesti ricreativi e del divertimento (giovani, professionisti etc.) sia un grave errore.

Il tema dell’uso di sostanze psicoattive, problematico o meno, richiede una varietà ampia di azioni e servizi che fanno riferimento alla prospettiva della riduzione del danno/limitazione dei rischi, intesa come promozione della salute e sviluppo di empowerment, nell’orizzonte ampio della triade di Norman Zinberg: droghe, set e setting.

Una molteplicità e complessità che ha un carattere specifico e che non può essere compresa nella salute mentale, a meno di non rientrare in quella logica di psichiatrizzazione, patologizzazione e colonizzazione culturale e istituzionale – oltre che di controllo sociale – che gli estensori dell’appello contro il ddl Zaffini, hanno criticato come uno dei rischi degli attuali servizi per la tutela della salute mentale.
Abbiamo già espresso una posizione di netta contrarietà all’assimilazione dei servizi per le dipendenze in quelli per la salute mentale in un documento inviato all’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas) e al governo il 10 agosto 2021. Riteniamo si debba aprire, piuttosto che una disputa diagnostica o sulle competenze prevalenti, un confronto sul lavoro di confine tra le due realtà, per elaborare e attivare prese in carico congiunte delle persone, minoritarie nel panorama delle «pud», che presentano queste problematiche. Percorsi comuni nell’ambito di una logica di empowerment e nella prospettiva della promozione della salute. Allo stesso tempo dobbiamo continuare a denunciare ogni tentativo di neo-istituzionalizzazione e utilizzo del sistema penale per governare i fenomeni sociali.

L’appello contro il ddl Zaffini e la lettera all’Agenas e al governo su fuoriluogo.it

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