Gli attentati di Parigi sono entrati nella campagna elettorale americana cambiandone l’agenda, ed estremizzando le posizioni. I primi ad esprimersi sono stati i democratici il cui dibattito, previsto per sabato sera, il giorno successivo all’attacco terroristico, ha cambiato tema e si è concentrato su la sicurezza interna ed il pericolo Isis. I tre candidati, Clinton, Sanders e O’Malley hanno espresso una posizione affine: «È importante riuscire a decostruire il pensiero del proprio nemico, capirlo e anticiparlo ma in questo caso tutto ciò è molto più difficile», ha spiegato Clinton, concordando con gli altri due sul fatto che l’unica strada percorribile è quella di un lavoro coordinato di intelligence.

Immediatamente dopo, chiamati a rispondere sul problema dei rifugiati, i tre democratici in corsa per la Casa bianca hanno concordato anche sul continuare ad accettare i 10.000 rifugiati siriani, come previsto da settembre, e come lo stesso Obama ha ribadito. «Sbattere la porta in faccia ai rifugiati siriani sarebbe un tradimento dei nostri valori», ha spiegato in risposta alle prime dichiarazioni dei repubblicani.

Non che tra quest’ultimi non ci siano contraddizioni, ma la risposta sull’accettare o meno i rifugiati (specie se siriani) è unanime. Carson ha definito l’accoglienza di rifugiati una sospensione dell’intelligenza, toni simili sono arrivati da Cruz, Fiorina, Huckabee, Rubio; all’ovvio Trump, che stava creando un fittizio nemico messicano da sventolare, non è parso vero di aver davanti uno spettro ben più concreto da utilizzare. Il conservatorismo compassionevole è praticamente scomparso nel giro di dieci minuti e la posizione più umanitaria è stata quella di Bush che ha proposto di accogliere almeno i rifugiati cristiani facendo una cernita religiosa. Il resto del partito non si è fatto attendere e ha dato man forte ai propri candidati. 24 senatori di cui 23 repubblicani si sono distaccati dalla posizione di Obama dichiarando che nei loro stati i rifugiati non metteranno piede. «Nemmeno bambini di 5 anni orfani» ha tenuto a precisare Christie, senatore del New Jersey, lo stato con la più grande comunità siriana negli Usa.

Gli stati che hanno chiuso le proprie frontiere ai rifugiati sono , Arizona, Arkansas, Florida, , Idaho, Illinois, Indiana, Kansas, Kentucky Louisiana, Massachusetts, Maine, Michigan, , New Hampshire, New Jersey, Nebraska, New Mexico, North Carolina, Ohio, Oklahoma, South Carolina, Tennessee, Texas e Wisconsin. Non pochi, ma tutto questo fiorire di dichiarazioni che sembra una corsa a chi è più a destra, è una grande mossa propagandistica. Si tratta di 10.000 rifugiati in un paese di 350 milioni di abitanti, con un programma di accoglienza che privilegia i nuclei familiari con bambini ed opera dei controlli severissimi facendo selezioni direttamente nei campi profughi, selezioni che durano tra i 18 ed i 24 mesi. Inoltre si tratta di una legge federale, e per la struttura stessa degli Usa se un profugo viene accolto in Connecticut nessuno può impedirgli di andare nel vicino New Jersey, con buona pace del suo governatore.

Questa serie di dichiarazioni che continuano a rimbalzare tra democratici che si dicono fermi e repubblicani che rilanciano con uguale e opposta fermezza mostra come gli attentati di Parigi, di fatto, hanno estremizzato le posizioni dei due partiti con una corsa a sinistra e a destra, con buona pace del centro che sembra non esistere più o non essere più percepito come l’ago della bilancia.

Questo aspetto sta investendo tutti gli argomenti in campo, non solo la questione rifugiati e sicurezza ma anche aborto, diritti civili, controllo delle armi, economia, sanità, istruzione e se i democratici hanno ormai sdoganato come neutro se non addirittura positivo il termine socialista, i repubblicani sono sempre più irrigiditi in posizioni di destra per niente compassionevole e questa corsa elettorale, che sembrava scritta, torna ad essere in bilico, perché una vittoria elettorale in un periodo storico come questo, non darebbe tranquillità a nessuno.