Il procuratore capo del Cairo ha ordinato il rilascio di cinque esponenti delle opposizioni in carcere dallo scorso agosto. Tra questi c’è Masoum Marzouk, ex diplomatico egiziano, uomo di stato e figura pubblica di spicco: era stato arrestato dopo aver invocato pubblicamente un referendum sul governo di al Sisi, il rilascio di tutti i prigionieri politici e la formazione di un governo di transizione.

Le condizioni di Marzouk, 73enne, detenuto costantemente in isolamento, erano peggiorate e ultimamente si erano intensificate le denunce di familiari e organizzazioni per i diritti umani, che accusavano le autorità di volere la morte del prigioniero.

L’annuncio fa seguito di pochi giorni alla grazia concessa dal presidente al Sisi a 560 carcerati, per la maggior parte persone accusate di crimini legati alla Fratellanza musulmana. Da quando al Sisi al potere è pratica comune del presidente concedere un’amnistia in occasione di feste nazionali o religiose. Negli stessi giorni però il regime ha fatto altri arresti eccellenti nelle file della sinistra e dei movimenti rivoluzionari.

È di nuovo dietro le sbarre Haitham Mohammadein, avvocato e attivista storico del movimento dei socialisti rivoluzionari. L’ultimo arresto solo un anno fa, con l’accusa di aver istigato alla protesta per l’aumento dei prezzi della metro del Cairo.

Negli stessi giorni sono stati arrestati anche Mostafa Maher, ex attivista, e suo fratello Ahmed, noto leader del movimento 6 Aprile. Quest’ultimo trattenuto in seguito all’assurda denuncia di un uomo che lo ha accusato di aver tamponato la sua auto. Da tempo i tre non sono più coinvolti attivamente in politica.

Intanto il governo, appena un giorno dopo l’attentato di Giza contro un bus turistico, ha annunciato l’uccisione di 12 miliziani del movimento Hasm, considerato il braccio armato dei Fratelli Musulmani (accusa che l’organizzazione rifiuta categoricamente). Le vittime non sarebbero direttamente legate all’attentato. Il ministero dell’interno parla di scontri a fuoco avvenuti in due diversi appartamenti al Cairo.

La notizia sembra però ricalcare un copione ormai abituale nelle veline del ministero. Secondo un’inchiesta dell’agenzia Reuters pubblicata ad aprile, in molti casi a essere uccisi in questi blitz sarebbero persone senza alcun legame con organizzazioni islamiste, che dopo un arresto scompaiono per settimane o mesi per poi essere identificate come terroristi uccisi in scene del crimine costruite ad arte.

Vere e proprie esecuzioni «extra-giudiziali», di cui la strage di martedì per il suo tempismo sembra essere l’ennesimo esempio.