La giornata è iniziata com’era finita quella di ieri, con il suono delle sirene antiaeree. I bombardamenti non sono cessati per tutta la notte ma il temuto sfondamento da parte russa non è avvenuto. I combattimenti, sia a Kiev, sia nel resto delle città ucraine sono continuati e sembra che anche questo quarto giorno del conflitto si concluderà con un nulla di fatto per le truppe di Mosca.

Nel primo pomeriggio le agenzie di tutto il mondo hanno diffuso la notizia che il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, durante una telefonata con il presidente bielorusso, Alexander Lukashenko, avesse accettato l’invito a sedersi a un tavolo per trattare con una delegazione russa. «La delegazione ucraina incontrerà la delegazione russa senza condizioni al confine tra Ucraina e Bielorussia, vicino al fiume Pripyat» si legge nella conferma diramata dagli organi di stampa ucraini.

Ma come è stato possibile ribaltare completamente il no categorico che Zelensky aveva opposto alla controparte fino alla sera precedente? In un video, uno dei tanti che il presidente ucraino sta diffondendo dall’inizio del conflitto, ha spiegato che non crede nell’esito positivo dei negoziati con la Russia, «Ma lasciamoli provare, affinché nessun ucraino dubiti che io, come presidente, ho provato a fermare la guerra mentre c’era ancora una possibilità, per quanto piccola». Contestualmente, Zelensky ha aggiunto che Lukashenko si è assunto la responsabilità di assicurare che ogni aereo, elicottero e missile di stanza sul territorio bielorusso resterà a terra durante il viaggio, la discussione e il ritorno della delegazione diplomatica ucraina.

Sembrava ci fosse spazio per una timida speranza ma, subito, un’altra notizia è stata pubblicata dall’agenzia russa Tass: Vladimir Putin ha ordinato lo stato d’allerta per le forze speciali che si occupano dell’arsenale nucleare russo, aggiungendo, tra l’altro, che le sanzioni dell’Occidente erano «ingiustificate e illegittime». Poi sugli smartphone, nel buio di Kiev in attesa che passi l’ennesimo allarme, appare quella che poteva sembrare  l’ennesima dichiarazione non verificata della guerra mediatica che Russia e Ucraina stanno combattendo parallelamente a quella militare. Purtroppo però stavolta era vero: lo stato maggiore russo ha paventato l’attivazione del suo sistema di deterrenza nucleare.

In mattinata si era svolta una conferenza stampa online del ministro Dmytro Kuleba. Poco dopo la notizia della Tass, Kuleba si è collegato da remoto, con dietro le spalle degli schermi quadrati che delineano una bandiera ucraina sventolante. Il ministro ha iniziato dicendo che «nessun obiettivo strategico annunciato dal Cremlino è stato raggiunto: volevano raggiungere Kiev con un blitzkrieg e non ci sono riusciti, volevano conquistare le città più popoloso e non ce l’hanno fatta, volevano che sfiduciassimo il governo e neanche questo è accaduto. Finora per i russi è una disfatta totale!».

Dopo aver paragonato il presidente russo ad Adolf Hilter ha aggiunto che «l’Ucraina ha già affrontato questo tipo di minaccia, 80 anni fa, contro la Germania nazista, oggi ci troviamo di nuovo di fronte a questo pericolo (…). Putin ha chiuso la porta a ciò che il suo predecessore Ivan il grande aveva fatto 300 anni fa, ovvero aprirsi all’Europa». Per questo il governo ucraino chiede che sia sospeso il rilascio di visti ai cittadini russi, che si incrementino le sanzioni, che si istituisca un embargo sul petrolio e il gas prodotti in Russia e che si continui «sulla strada già intrapresa da molti», ovvero quella del blocco dell’economia russa, «finché il territorio ucraino non sarà liberato interamente dalle forze di occupazione».

Il ministro ha ringraziato tutti i Paesi che stanno supportando l’Ucraina, «non lo dimenticheremo mai». Contemporaneamente, ha puntato il dito  contro chi «con la mano sinistra firma le sanzioni, mentre con la destra le rende inutili e continua a commerciare con la Russia». Ebbene, «quei commerci sono fatti con il nostro sangue, sappiatelo (…). La storia vi giudicherà, come ha fatto con quelli che agirono come voi in passato, se continuerete a sostenere il regime di Putin il pazzo».

Rispetto ai negoziati di pace, Kuleba ha dichiarato: «Fino allo scoppio della guerra la Russia non voleva neanche parlare con le nostre delegazioni, ora che l’avanzata stenta vogliono trattare. Il fatto che la Russia sia pronta a discutere è già una vittoria per l’Ucraina». E ha poi chiarito: «Oggi il presidente Zelensky ha parlato con il presidente bielorusso Lukashenko, i due hanno concordato che nessuna azione sarà intrapresa dai militari bielorussi finché non si terrà quest’incontro».

Gli ucraini hanno bisogno di difendere il confine nord e non possono permettersi una nuova avanzata. «Dobbiamo proteggerci, andremo lì per ascoltare e dire cosa pensiamo di questa guerra e di ciò che la Russia ha fatto. Ma fino a quel momento continueremo a difenderci».

In conclusione, secondo Kuleba, la minaccia di convocare il tavolo per gli armamenti nucleari da parte di Putin è un modo per spaventare gli ucraini e il mondo. «Non può essere casuale che la dichiarazione sia stata rilasciata subito dopo che avevamo concordato l’incontro diplomatico. Putin vuole metterci pressione ma, lo dico chiaramente: usare le armi atomiche sarebbe una catastrofe immane per il mondo, tuttavia noi non ci arrenderemo neanche in quel caso».

Errata Corrige

Appuntamento al confine con la Bielorussia: il presidente ucraino resta scettico, «ma lasciamoli provare». Intanto dal Cremlino arriva l’annuncio della messa in allerta del deterrente nucleare. Sul terreno si continua a combattere. Il ministro degli Esteri Kuleba esalta la resistenza ucraina: «Altro che blitzkrieg, per i russi è una disfatta totale»