Se i paesi dell’Asse avessero vinto la guerra, seguendo l’ucronia immaginata da Philip K. Dick nel romanzo «La svastica sul sole», è facile immaginare che cosa ci sarebbe al posto dei fast food degli hamburger importati dalla cultura americana. Ci sarebbero i chioschi di yakisoba.

Dimenticate il sushi, la tempura, le zuppe di miso e tutto quello che la cucina «alta» nipponica ha tentato per anni di proporre ai palati occidentali come simbolo della tradizione gastronomica del Giappone, dove il cibo da strada è ancora considerato un imbarazzante modo di alimentarsi.

La verità è che il cibo nazional popolare giapponese per eccellenza sono gli spaghetti agrodolci saltati. A dispetto del nome, i veri yakisoba non si fanno con la soba: non sono gli spaghetti che si mangiano a Capodanno, per intenderci, a base di grano saraceno. Sono chukamen, spaghettini fatti con uova e farina e adatti per essere fritti. Ogni supermercato, ogni «convenience store» (i mini-supermercati aperti ogni giorno, ventiquattro ore su ventiquattro) ha un reparto dedicato agli spaghetti istantanei, di quelli che si cuociono praticamente da soli e che possono essere preparati e mangiati anche lì per lì, grazie ai fornetti a microonde messi a disposizione dagli store. La maggior parte degli istant noodle costa intorno ai 180-200 yen (l’equivalente di un euro e mezzo) e sono, appunto, yakisoba. È stato poi il colosso Nissin Food, multinazionale giapponese presente in 80 paesi con un fatturato annuale da 4 miliardi e mezzo di dollari, che all’inizio degli anni Novanta ha iniziato a distribuire nel mondo gli yakisoba istantanei, anche attraverso la marca UFO – talmente pop che ha anche un suo supereroe, protagonista di alcuni manga: si chiama UFO Kamen Yakisoban e va in giro con una ciotola degli instant noodle in testa.

Come gran parte della tradizione giapponese, gli yakisoba arrivano dalla Cina. Ma l’interpretazione nipponica di un piatto estremamente povero e versatile rappresenta non solo la diversità delle varie regioni dell’arcipelago, ma soprattutto l’influenza della società sulla cultura alimentare. Come sostiene Mark Bittman del New York Times, uno dei più famosi critici gastronomici del mondo, se domandate a dieci giapponesi diversi cosa siano gli yakisoba, avrete dieci risposte diverse. Perché gli spaghetti si fanno saltare con qualunque cosa: verdure, carne di maiale (celebre quello della prefettura di Shizuoka), pollo, polipo, la solita salsa di soia, e poi la teriyaki, il wasabi.

Ogni città ha la sua personalissima ricetta: a Okinawa, per venire incontro alle esigenze delle truppe statunitensi di stanza in Giappone, gli yakisoba a un certo punto iniziarono a essere preparati con la maionese, e proprio per gli americani i giapponesi si inventarono i pan-yakisoba, un panino con dentro gli spaghetti saltati.

Nella prefettura di Niigata si fanno perfino gli italian-yakisoba, spaghetti con il sugo alla bolognese. Lo scintoismo ha profondamente influenzato la cucina giapponese: non ci sono regole su cosa mangiare o cosa no (come invece avviene nel buddismo). L’unica differenza sta tra ciò che mangiano gli uomini e ciò che mangiano gli dèi.

Per questo gli yakisoba sono il cibo da strada più popolare durante i matsuri, festival all’aperto umani, molto umani. Ma non si offrono mai agli dèi nei templi. Gli dèi vanno celebrati con il riso, quello sì, cibo «alto» della dieta nipponica, tanto che la parola giapponese che indica il riso, gohan, è la stessa con cui si indica il pasto in generale.

Il successo degli yakisoba come cibo semplice da preparare e molto rapido si diffonde nel dopoguerra. A Yokote, per l’esattezza, una piccola città della prefettura di Akita. In questo angolo del Giappone di provincia, poco prima degli anni Cinquanta, la carenza delle materie prime si faceva sentire. Narra la leggenda che un giovane cuoco di Yokote, che vendeva per strada gli okonomiyaki – un’altra popolare pietanza giapponese, una specie di pizza saltata che si fa letteralmente «con quello che vuoi tu» – cominciò a fare la stessa cosa con gli spaghetti, inventando di fatto la ricetta degli yakisoba. Oggi Yokote vive in gran parte grazie alla promozione dei veri yakisoba. C’è un’associazione che ne certifica la qualità, e che ogni anno celebra il Gran Prix degli Yokote-yakisoba: sono diversi dagli altri perché sono fatti col cavolo, la carne di maiale e perché hanno un uovo all’occhio di bue piazzato sopra.