Vadano a lavorare, a coprire la carenza di muratori, camerieri, infermieri e badanti, invece di campare con il reddito di cittadinanza finanziato dai contribuenti. Così, in buona sostanza, l’ultima proposta dei liberali, terza forza del governo Scholz, sul punto perfettamente d’accordo con i democristiani, prontissimi a rilanciare di sponda dai banchi dell’opposizione.

«I RIFUGIATI DI GUERRA provenienti dall’Ucraina non dovrebbero più ricevere il Bürgergeld bensì rientrare nella generica norma sugli aiuti ai richiedenti asilo. In Germania registriamo un pesante deficit di lavoratori in tutti i settori, a cominciare da ristorazione, edilizia e assistenza. Smettiamo di usare il bilancio pubblico per finanziare la disoccupazione degli ucraini e non la creazione di nuovi posti di lavoro» scandisce Bijan Djir-Sarai, segretario generale di Fdp, il partito alla guida del ministero delle Finanze.

Altro che lo storico Wir schaffen das («Ce la faremo») di Angela Merkel, disposta a spalancare il portafoglio senza se e senza ma ai milioni di rifugiati della guerra siriana del 2015. Ma anche l’esatto opposto della promessa di «sostegno totale e incondizionato in tutti i campi agli ucraini fino a fine conflitto» solennemente ribadita nell’ultima conferenza di Berlino da tutti i leader occidentali: i miliardi di euro ci sono ma solo per le armi.

LA MANNAIA destinata ad abbattersi su 1.155.581 rifugiati ucraini attualmente registrati in Germania viene formalmente respinta da Spd e Verdi, secondo cui è «sbagliato far intendere ai cittadini che il sussidio di base impedisca agli ucraini di trovarsi un’occupazione. Solo grazie al Bürgergeld i rifugiati possono accedere al nostro mercato del lavoro» ricorda Martin Rosemann, portavoce del gruppo socialdemocratico al Bundestag, perfettamente allineato alla replica dei Verdi.

La Coalizione Semaforo si è spaccata, dunque, ancora una volta, nonostante gli appelli dei leader dei tre partiti all’unità (perlomeno nelle dichiarazioni pubbliche) all’indomani della batosta elettorale subita alle Europee, mentre l’opposizione ritrova vigore sparando bordate ad alzo zero fino a fare indossare l’elmetto ai profughi.

«NON È CORRETTO dire di volere sostenere l’Ucraina nel miglior modo possibile e allo stesso tempo sussidiare gli ucraini che disertano» tuona sdegnato Michael Stübgen, ministro degli Interni del Brandeburgo (Cdu) d’accordo con il collega bavarese Joachim Herrmann (Csu) che ha già calato la carta del maxi-taglio immaginato dai liberali al centro del tavolo istituzionale. «Ne parlerò al prossimo summit dei ministri degli Interni a Potsdam. Non possiamo continuare a dire ai tedeschi che migliaia di uomini obbligati alla leva in Ucraina incassano ogni mese il nostro reddito di cittadinanza».

Al di là della strumentalità politica emerge comunque il rilevante nodo giuridico a monte della questione: secondo la legge tedesca il vantaggio esclusivo per i rifugiati ucraini, se non strettamente pro-tempore, configura un trattamento ineguale nei confronti degli altri profughi sottoposti invece alla lunga procedura per ottenere l’asilo.

È la scusa “umanitaria” perfetta per i liberali, quanto basta per distinguersi dall’«orribile» politica di Afd, paladina del taglio totale degli aiuti per qualunque straniero; ma anche per la Cdu che può così confermarsi come l’alleato più fedele del governo di Kiev impegnato per riavere indietro, in qualunque modo, almeno una parte dell’enorme massa di rifugiati all’estero che si ostinano a non voler diventare carne da macello per il fronte.