Le cose si sono messe male per Biden, sin dal momento in cui è salito sul palco dello studio Cnn e si è diretto al podio con passo malfermo e postura rigida. Sono peggiorate quando, alla prima domanda, ha risposto con parole impastate e voce afona (a causa di un raffreddore avrebbe poi detto una nota ufficiale), trasmettendo l’esatta opposta impressione di quella che il dibattito avrebbe dovuto dare alla platea di Americani in ascolto. Sono bastati i primi secondi per confermare i peggiori timori dei democratici e porre serie domande sul giudizio dello staff che negli ultimi giorni aveva lavorato con il presidente alla preparazione di un confronto considerato cruciale.

Invece di vigore, o quantomeno competenza e ragionevole energia, Biden ha proiettato solo la gracilità di un anziano ben intenzionato, facilmente bistrattato dal bullo avversario parso invece pienamente operativo.

Trump che a tratti si sarebbe detto sorpreso dalla sua stessa buona sorte, è ricorso al noto repertorio, una edizione affatto originale in cui sono comparsi molti rodati cavalli di battaglia, l’invasione delle orde criminali che hanno sopraffatto il confine e insidiano posti di lavoro e giovani donne, la Casa bianca in mano a marxisti radicali intenti a ridistribuire i risparmi degli americani patriottici, medici democratici pronti ad abortire feti di otto e nove mesi, o  «anche dopo la nascita».

Il pluricondannato complottista ha attaccato i «giudici corrotti» che lo perseguitano per conto di Biden», il quale, ha sostenuto, è lui il vero criminale, al pari del figlio Hunter, da poco condannato per aver acquistato un arma da fuoco da tossicodipendente. Nel fiume in piena c’è stato modo di tornare perfino alle piccole menzogne «fondative”, quella sulla «folla più grande» al suo insediamento del 2016.

Ma non è stata questa performance, peraltro ampiamente annunciata, a sconfiggere l’avversario, autore esclusivo del proprio autogol. Ne importa se nei (pochi) contenuti possa addirittura aver prevalso Biden. I dibattiti notoriamente non si aggiudicano sulla trascrizione, ma sull’esibizione “teatrale”, e quella del presidente è stata catastrofica.

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I moderatori della Cnn avevano preventivamente annunciato che non avrebbero «preso parte», né corretto le enormità a catena di Trump, e sono stati di parola. Ciò che non era prevedibile, almeno non in questa misura, era l’inefficacia di Biden nel controbattere le affermazioni, proprio perché così prevedibili.

Nel complesso un brusco risveglio per gli elettori democratici che in questi mesi hanno cercato di minimizzare l’insufficienza “agonistica” del loro candidato, sperando che potesse esibire almeno parte della reattività mostrata lo scorso marzo nel discorso dello State of the Union, quando era riuscito a tener testa ai parlamentari Maga che lo fischiavano e lo interrompevano, contro di loro, quella sera, aveva perfino improvvisato sfottò. Di quel Biden stanotte non vi è stata ombra, semmai è stato l’ombra di stesso. La sua debolezza infine rivelata nel peggiore dei modi, sotto gli implacabili riflettori tv.

Se ieri segnalavamo l’esistenza fra i democratici di una fazione che si augurava segretamente una performance abbastanza negativa da forzare la mano del partito, dopo questa notte, quel desiderio inespresso è montato in un boato che si è mescolato ai milioni di elettori che hanno urlato agli schermi dei televisori le risposte che avrebbero voluto che Biden avesse dato a Trump e che non sono mai venute.

Mentre il dibattito era in corso, online, nelle chat e nei gruppi social, si è diffusa dapprima l’incredulità poi, a ruota, mortificazione, inquietudine e infine il panico. Ora dei commenti a caldo di mezzibusto e giornali si parlava apertamente dell’argomento a lungo tabù: come sostituire Biden con un altro candidato.

E vi è la netta sensazione di avere assistito ad un momento cruciale, forse “storico”. L’elezione più importante ma meno entusiasmante, ora rischia lo scompiglio di uno dei due partiti che può già legittimamente dirsi spaccato fra Bidenisti e quelli che considerano invece inevitabile la sua sostituzione in corsa. Non è chiaro come, e se, questa possa effettivamente avvenire. Ma da ieri è chiaro che una parte consistente d’America, compresi molti candidati a cariche minori, le cui sorti sono legate a quelle del ticket presidenziale, la consideri un’inevitabilità.