Ad un giorno dall’approvazione in prima lettura da parte del parlamento turco della riforma costituzionale, ne abbiamo discusso con Hisyar Ozsoy, vice presidente dell’Hdp, che conta 10 deputati in carcere.

L’alleanza tra Akp-Mhp ha evitato defezioni e passato il primo voto sulla riforma costituzionale. Una prova di forza?

Tra Devlet Bahceli [leader del partito di destra Mhp, ndr] ed Erdogan c’è sicuramente una comunione di interessi, ma soprattutto Bahceli è riuscito a promuovere la sua politica nei confronti dei curdi. I nostri co-leader vennero arrestati proprio la notte del primo incontro tra i due e l’Hdp è stato sacrificato per porre il sigillo a quell’alleanza. Erdogan sta assumendo una posizione più dura verso i curdi e Bahceli ha rivendicato per sé questo cambio di rotta. Questo presidenzialismo non è figlio di Erdogan, ma di Bahceli: ha riproposto il tema permettendogli di tornare nell’agenda politica.

Questa offerta Erdogan l’aveva prima rivolta a voi in occasione del processo di pace in cambio del sostegno al presidenzialismo?

No, è un’enorme bugia del Chp [partito repubblicano, ndr]: Erdogan non è mai venuto da noi proponendo uno scambio, lui non negozia ma cerca di imporre il suo progetto politico. Se i nostri deputati e altri 70 sindaci sono in carcere è perché avevamo impedito ad Erdogan di avere il numero di parlamentari necessario per cambiare la costituzione, operazione ora in corso con l’Mhp.

Crediamo che la questione curda possa essere risolta solo in un più ampio contesto di democratizzazione del paese. La nostra opposizione ad Erdogan non è personale ma politica: noi vogliamo il decentramento amministrativo ed un sistema inclusivo e pluralistico, lui sostiene il centralismo ed un presidenzialismo nazionalista e repressivo.

Perché i due partiti d’opposizione Hdp e Chp non trovano terreno di cooperazione?

Numericamente ci sono due gruppi considerati opposizione al governo, ma non riteniamo che il Chp stia assolvendo a questo ruolo, è una forza conservatrice che ambisce a mantenere lo status quo. Ogni volta il Chp si schiera con l’Akp. Quando è stato dibattuto il tema delle immunità parlamentari Kilicdaroglu [segretario Chp, ndr] ha dichiarato: «Nonostante fosse incostituzionale, abbiamo votato a favore». Sono perciò co-responsabili.

All’interno di quel partito ci sono molte persone vicine alla realtà socialista e liberali in tema di diritti, ma la leadership è ancora nazionalista e kemalista. Oggi poiché l’Hdp è lo spauracchio della politica turca, risultato di deliberate politiche di criminalizzazione, il Chp non vuole collaborare con noi: teme di essere contagiato dalla macchia di ignominia costruita per mobilitare il sentimento nazionalista.

Ma quando il governo avrà finito con l’Hdp sarà il loro turno. Si illudono che con il presidenzialismo si formerà un sistema bipartitico da cui trarranno beneficio raccogliendo il voto alevita, di una parte dei curdi, di una fetta dei nazionalisti: è soltanto una grande illusione politica.

Se la riforma presidenziale sarà implementata, sarà ancora possibile avere una reale opposizione in parlamento?

La funzionalità del parlamento verrà compromessa. Il presidente accentrerà sotto di sé tutti i ministeri e il ruolo parlamentare, a cominciare dal fondamentale controllo sul budget dello Stato. Sarà molto difficile anche sottoporre i ministri ad interrogazioni, compromettendo così il lavoro di monitoraggio. In definitiva i poteri esecutivo e legislativo verranno pressoché a coincidere e con il potere giudiziario già nelle mani del governo. Il risultato è la perfetta unità dei tre poteri che in democrazia dovrebbero restare separati.

Perché l’Hdp non ha espresso alcun voto durante le sessioni parlamentari?

Per denunciare che i nostri colleghi, ora in prigione in spregio ai loro diritti costituzionali, avrebbero dovuto essere al nostro fianco durante le votazioni. Una presa di posizione simbolica, ma il nostro no alla riforma è chiaro e lo esprimeremo nella campagna referendaria, anche se non sarà facile organizzarla con circa 3.000 dei nostri associati in carcere. Il governo sta cercando di rendere impossibile la mobilitazione e la pressione aumenterà nei prossimi due mesi.

C’è dunque la possibilità che vengano rilasciati quando la riforma verrà approvata?

Dipenderà dall’evoluzione della scena politica. È necessario mantenere agibile una soluzione politica alla questione curda, mentre incarcerare la leadership equivale a strangolare ogni possibilità di discussione, cosa che il governo sa benissimo. Sospettiamo che i nostri colleghi verranno privati della possibilità di esercitare ogni incarico politico. Dopo il referendum le politiche nazionaliste e militariste verranno enfatizzate e questo porterà ad un incremento della violenza nel paese.

Perché i vostri sostenitori dovrebbero rinnovare la fiducia verso una soluzione politica e affidarvi il voto, quando questa appare inagibile?

Quando la gente crede che la politica non possa portare a risultati allora cerca altre vie, spesso violente. Il governo sta coscientemente radicalizzando la questione curda. Credo però che la gente abbia maturato una coscienza politica e sappia che un negoziato è l’unica soluzione possibile. Come parlamentare provo spesso frustrazione, ma nel partito conserviamo la speranza che il processo di pace possa essere riaperto e rispettare così la promessa fatte al nostro elettorato: costruire una pace duratura.

Crede che l’Hdp abbia fallito nel realizzarsi come qualcosa di più dell’ennesimo partito curdo e aspirare ad essere una sinistra moderna?

Il progetto è sempre stato il superamento dei limiti delle politiche curde. La sospensione del processo di pace e la repressione hanno avuto lo scopo di schiacciarci nell’angolo della politica curda perché sarebbe stato più semplice per il governo mobilitare il sentimento nazionalista. Ma riceviamo critiche anche da una minoranza curda, perché insistiamo nel considerarci parte del panorama politico turco. È nostro dovere preservare uno spazio intermedio tra le posizioni e in questo senso nulla del progetto Hdp è cambiato.