Una fake news forse creata ad arte, l’irruzione della polizia negli uffici di un social network, una legge che le fa guadagnare il podio dei paesi liberticidi e un’opposizione per vie legali. Da parte di un colosso telematico, che più che i diritti civili sembra curare i propri interessi. Succede tutto in India, paese devastato dalla pandemia. E questa storia in qualche modo è collegata al dramma che il paese sta vivendo.

Perché l’altro giorno su Twitter è apparso il messaggio, postato da un account riconducibile al partito del Congresso, all’opposizione di Modi, dove si davano istruzioni per accedere a un toolkit – un libretto di istruzioni digitali – e lanciare così una campagna antigovernativa. Il tema doveva essere proprio l’incapacità dell’esecutivo a far fronte all’emergenza sanitaria.

Ma i toni utilizzati erano marcatamente violenti, al limite della legalità. Tutto falso, però, il tweet era un fake (un esperto indipendente l’ha stabilito in un battibaleno). Nonostante ciò, la polizia speciale per la sicurezza nazionale ha fatto irruzione negli uffici indiani di Twitter. Per una perquisizione.
E questo ha fatto da sfondo al primo giorno di applicazione della nuova legge statale sull’«informazione nelle piattaforme». Una serie di norme che farebbero impallidire anche il più autoritario dei regolatori: il governo avrà il potere di chiedere la cancellazione dai social di tutto ciò che mette a rischio «l’interesse e l’integrità dell’India». Basterà una segnalazione e le piattaforme dovranno cancellare tutto entro 36 ore.

Pena sanzioni pesantissime. Non basta, le piattaforme dovranno fornire alla polizia tutte le informazioni sugli utenti. In più – come ciliegina – la legge prevede che pure i social che utilizzano sistemi criptati debbano trovare il modo di fornire dettagli sui messaggi.

Ma così – siamo alla notizia di queste ore – il governo di Delhi si troverà a scontrarsi con WhatsApp, del gruppo FaceBook. Il social più diffuso in India – che appunto utilizza la crittografia nei messaggi – ieri mattina ha presentato un esposto, presso l’Alta Corte di Delhi, contro la nuova legge.

Sostiene che le norme violano il diritto alla privacy ed espongono le persone «a rischio di abusi». WhatsApp usa quasi le stesse parole e gli stessi termini adottati dalle organizzazioni per i diritti digitali, prima fra tutti AccessNow. Parole che fino a ieri erano risultati inutili, ignorate da Modi.

Parole che si spiegano forse col fatto che FaceBook e WhatsApp dichiarano agli inserzionisti mezzo miliardo di utenti nel paese ma le ultime rilevazioni raccontano che c’è stata una vera e propria migrazione verso Signal e Telegram, forse più attente ai diritti individuali. E Facebook non può correre il rischio di perdere la faccia in un mercato sul quale punta molto.