Demirtas e Yuksekdag, due secoli in prigione
Turchia Le richieste del procuratore di Diyarbakir: 142 anni per il co-presidente dell'Hdp, 83 per la co-presidente. Le accuse vanno da gestione di organizzazione terroristica a incitamento alla violenza. Tutte basate su discorsi pubblici
Turchia Le richieste del procuratore di Diyarbakir: 142 anni per il co-presidente dell'Hdp, 83 per la co-presidente. Le accuse vanno da gestione di organizzazione terroristica a incitamento alla violenza. Tutte basate su discorsi pubblici
Un secolo e mezzo di carcere è la pena che ieri il procuratore di Diyarbakir ha chiesto per il co-presidente dell’Hdp, Selahattin Demirtas; 83 anni per la co-presidente, Figen Yuksekdag. La procura di Sirnak sul tavolo ha messo 104 anni per Nursel Aydogan, deputata già condannata a 4 anni e 8 mesi per propaganda terroristica.
Sono i numeri della deriva autoritaria intrapresa dalla Turchia sotto l’Akp e il presidente-schiacciasassi Erdogan.
Le imputazioni arrivano dopo l’ondata di arresti (post-sospensione dell’immunità parlamentare) che il 4 novembre ha decapitato i vertici del Partito Democratico dei Popoli, fazione di sinistra pro-kurda, femminista, ecologista e egualitaria, con 59 rappresentanti democraticamente eletti in parlamento.
Nel silenzio dell’Occidente alleato turco, da oltre due mesi 10 parlamentari Hdp sono dietro le sbarre, i due co-presidenti in isolamento in carceri di massima sicurezza. Ieri, le accuse ufficiali: 142 anni di prigione per Demirtas per «gestione di organizzazione terroristica», «propaganda terroristica», «attacco all’unità e all’integrità territoriale dello Stato» e «incitamento alla violenza e al reato»; 83 per Yuksekdag per «appartenenza a organizzazione terroristica», «incitamento alla violenza» e «violazione delle leggi sulle manifestazioni».
Una mannaia che devasta i diritti basilari delle opposizioni, agnello sacrificale di un progetto fascistoide che punta allo Stato dell’uomo solo. Le accuse mosse all’Hdp (che ha raccolto al suo interno le istanze democratiche non solo della minoranza kurda ma anche della sinistra turca e dei movimenti nati intorno a Gezi Park) si fondano tutte su dichiarazioni e discorsi pubblici.
“Terrorismo” della parola, l’idea alla base del sempre più monolitico tandem di potere esecutivo e potere giudiziario, con il primo a breve nelle mani del presidente Erdogan.
Stessa sorte per Garo Paylan, deputato armeno dell’Hdp, per aver menzionato il genocidio di un secolo fa: «Tra il 1913 e il 1923 abbiamo perso quattro popoli: armeni, greci, assiri ed ebrei – ha detto – Rappresentavamo il 40% della popolazione, ora siamo un migliaio.
Senza dubbio ci è successo qualcosa di terribile. Io lo chiamo genocidio, voi chiamatelo come volete». La punizione non si è fatta attendere: compatti, Akp, Mhp e Chp hanno votato per la sua sospensione dalle attività parlamenti per tre giorni.
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