«Su decreti sicurezza e patto con la Libia è ora di cambiare». Dopo la vittoria in Emilia Romagna Nicola Zingaretti prova a spostare a sinistra l’asse del governo giallorosso. E lo fa partendo da due provvedimenti simbolo del contrasto all’immigrazione come quelli di Matteo Salvini, i decreti sicurezza, ma anche del passato governo a guida Paolo Gentiloni che siglò il discusso memorandum con Tripoli per finanziare la Guardia costiera libica. Quell’accordo fatto nel 2017 col premier libico Serraj oggi va cambiato? «Certo» ha detto ieri in televisione il segretario del Pd, che ha poi bollato come «decreti propaganda» basati sulla paura i provvedimenti voluti dal leader della Lega. «Io sono per fare nuovi decreti per la sicurezza urbana che Salvini non ha mai fatto. Questo vuol dire accoglienza, integrazione, pulizia delle strade…» ha spiegato. A frenare la voglia di cambiamento del segretario dem ci ha pensato però il grillino Carlo Sibilia, sottosegretario all’Interno, per il quale modifiche ai decreti salviniani sono possibili solo sulla base delle indicazioni fornite a suo tempo dal presidente della Repubblica Mattarella. «Detto questo – ha avvertito l’esponente dei 5 Stelle – se qualcuno vuole fare fughe in avanti o mettere in discussione quello che era un accordo di governo, allora se ne assume la responsabilità».

E’ di nuovo l’immigrazione uno degli assi sui quali si giocano gli equilibri dell’esecutivo. Ieri un appello a lasciarsi alle spalle politiche basate solo sulla repressione è arrivato dagli eurodeputati del Pd Pietro Bartolo e Pierfrancesco Majorino e dalla capolista in Emilia Romagna di «Coraggiosa» Elly Schlein: «In Italia e in Europa c’è bisogno di una svolta radicale in materia di politiche di immigrazione», hanno detto i tre esponenti politici. «Serve una nuova legge quadro su una materia che fin qui è stata affrontata attraverso le lenti dell’insicurezza. E serve una nuova legge sulla cittadinanza che cancelli l’odiosa differenza tra bambini che nascono e crescono in questo Paese che devono sempre essere riconosciuti come italiani».
Il primo banco di prova per capire se alle parole seguiranno finalmente i fatti saranno proprio i decreti sicurezza. «Noi siamo pronti», ha ribadito ancora una volta ieri la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese. Dallo scorso novembre nei cassetti del Viminale c’è la bozza di modifica dei decreti che attende di essere portata in Consiglio dei ministri. Cosa che adesso per la titolare del Viminale potrebbe avvenire la prossima settimana. «Non appena ci sarà disponibilità di tempo visto tutte le questioni in sospeso», ha comunque messo le mani avanti Lamorgese.
Non c’è da aspettarsi grandi novità.

Il testo preparato dal governo interviene sul secondo decreto sicurezza cancellando le maxi multe (fino a un milione di euro) per le navi delle ong ripristinando quelle originarie (da 10 mila a 50 mila) e rivedendo l’oltraggio a pubblico ufficiale. Non è escluso anche un intervento sul primo decreto sicurezza per quanto riguarda l’abrogazione della protezione umanitaria. Ma questo è tutto ee è probabile che, per evitare fibrillazioni, il governo lascerà al parlamento la responsabilità di intervenire in maniera più incisiva.

Discorso diverso per il memorandum Italia-Libia. Dopo aver promesso di intervenire con Tripoli chiedendo al chiusura dei centri di detenzione per migranti e l’intervento delle organizzazioni umanitarie, il governo ha fatto passare tre mesi senza fare niente. Il risultato è che il 2 febbraio il memorandum verrà rinnovato per altri tre anni così com’è. Ieri però Luigi Di Maio ha smentito che il tempo per eventuali modifiche sia ormai scaduto: «Non è vero che se non rinegoziamo entro il 2 febbraio dopo non si può fare più» ha detto il ministro degli Esteri aggiungendo che «la Farnesina ha concluso il lavoro istruttorio e nei prossimi giorni verrà avviato il dialogo con il governo Serraj». Un’interpretazione dei termini dell’accordo condivisa anche dalla sottosegretaria Pd agli Esteri Marina Sereni e che sembra trovare d’accordo anche il partito di Zingaretti. O almeno una parte: «Continuiamo a essere complici di una tragedia umanitaria senza fine: torture, stupri, omicidi, deportazioni. Sembra che non freghi niente a nessuno», ha protestato ieri il parlamentare Matteo Orfini.