Giornata di passione, ieri, per il titolo Fincantieri, che per tutta la giornata si è mantenuto negativo ed è arrivato a perdere fino al 4% all’annuncio ufficiale da parte del governo francese della prossima «nazionalizzazione» di Stx, il gruppo d’oltralpe di cui l’azienda italiana avrebbe dovuto acquisire la maggioranza. Nel tardo pomeriggio si è saputo che il presidente del consiglio Paolo Gentiloni ha ricevuto una telefonata da Macron: al centro del colloquio, che le agenzie definiscono «cordiale», il nodo migranti, la Libia e ovviamente la questione Fincantieri.

Il ministro francese dell’Economia Bruno Le Maire, nel corso della conferenza stampa in cui ha annunciato la marcia indietro della Francia rispetto agli accordi con il nostro Paese, ha spiegato che sarà «a Roma martedì prossimo per discutere con i ministri Padoan e Calenda». Il governo italiano fin dalle prime indiscrezioni aveva fatto trapelare la propria netta contrarietà.

E ieri Roma ha risposto a Parigi con una nota dei ministri dell’Economia e dello Sviluppo, Pier Carlo Padoan e Carlo Calenda. Toni molto netti, che confermano la posizione del governo su tutta la linea. «Riteniamo grave e incomprensibile la decisione del Governo francese di non dare seguito ad accordi già conclusi – scrivono i due ministri – Accordi che garantivano la tutela dei livelli occupazionali in Francia e del know-how francese attraverso una governance equilibrata e in una prospettiva autenticamente europea».

E, ancora, «riteniamo – scrivono i due ministri – che a fronte degli impegni già assunti da Fincantieri a tutela degli interessi francesi non sussista alcun motivo perché la società italiana, leader del settore, non possa detenere la maggioranza di Stx, società fino a oggi sotto controllo di un gruppo coreano per i due terzi del capitale sociale». Padoan e Calenda dicono ora di attendere Le Maire martedì, mettendo in chiaro che le proposte francesi verranno ascoltate «partendo da questo punto saldo»: «Nazionalismo e protezionismo non sono basi accettabili su cui regolare i rapporti tra due grandi paesi europei. Per realizzare progetti condivisi servono fiducia e rispetto reciproco».

«Noi non accettiamo ultimatum», aveva già dichiarato il ministro degli Esteri Angelino Alfano, prima che si fosse conclusa la conferenza stampa di Le Maire. «Vediamo cosa farà la Francia – ha aggiunto – ma non mi pare che ci siano grandi precedenti di nazionalizzazioni tecniche». «Vedremo quale sarà dal punto di vista giuridico la decisione finale del governo francese poi noi prenderemo le nostre decisioni. Abbiamo negoziato e concordato condizioni tecniche che adesso sembrano venire meno certamente quando si parla di libertà economiche. Poi si passa dalla teoria alla pratica e questi sono gli esempi: non mi pare questo sia un fulgido esempio di consequenzialità».

Si critica insomma a un campione del liberismo come Macron di voler nazionalizzare un privato: o, comunque, di intervenire in modo dirigistico.

«Abbiamo bisogno di campioni europei per affrontare la sfida globale e confrontarci con Russia, Usa, Cina e India, non di campioni nazionali», dice il presidente del Parlamento Ue Antonio Tajani, stigmatizzando la decisione francese.

Il segretario del Pd, Matteo Renzi, ha annullato un’intervista prevista per questa mattina a Radio anch’io: «Meglio evitare polemiche contro il governo», spiegano dal suo entourage, quasi a voler indicare che l’ex premier ritenga forse troppo morbido quello attuale.

Renato Brunetta, di Forza Italia, chiede «un intervento dell’Europa», o una reazione decisa – «anche un fallo di reazione» – da parte dell’Italia.

La leader Cgil Susanna Camusso si dice «colpita dalla non sufficiente reattività del governo italiano», e rispetto allo shopping già realizzato da aziende francesi in Italia, chiude con una battuta: «Se la reazione è nazionalizzare, potremmo chiedere la nazionalizzazione di Telecom».