Ddl Pillon: Contrastiamolo perché è classista e sessista
Ddl Pillon Il disegno di legge Pillon è frutto di accordi governativi volti a ottenere i consensi della lobby dei padri separati e del movimento per la vita. Tecnicamente non ha certo […]
Ddl Pillon Il disegno di legge Pillon è frutto di accordi governativi volti a ottenere i consensi della lobby dei padri separati e del movimento per la vita. Tecnicamente non ha certo […]
Il disegno di legge Pillon è frutto di accordi governativi volti a ottenere i consensi della lobby dei padri separati e del movimento per la vita.
Tecnicamente non ha certo il pregio della correttezza e chiarezza, ma certo gli obiettivi politici sono palesi.
Persegue l’obiettivo rancoroso contro le donne di tornare indietro nel tempo, a prima della legge sul divorzio e della riforma emancipatoria del diritto di famiglia.
Schiaccia il coniuge/genitore economicamente più debole e lo richiude tra le mura della casa familiare. Aumentando tempi e costi di separazioni e divorzi, ripristina di fatto la indissolubilità del matrimonio. È classista e sessista perché in nome di un preteso principio egualitario tra uomo e donna, tra padre e madre, pretende di trattare in modo eguale soggetti diversi per condizioni personali, sociali ed economiche. E in Italia le differenze reddituali tra uomini e donne costituiscono purtroppo un fatto oggettivo e sono più accentuate che in altri paesi. Per questo viola in radice il principio formale di eguaglianza dell’articolo 3 della Costituzione.
Divide in due i figli (con buona pace di Salomone!), i loro tempi e le loro abitazioni: il coniuge che non ha la casa o non ha spazi adeguati non potrà tenere i figli, o comunque non li terrà per tempi «paritetici». La obbligatoria fase della mediazione (che per sua struttura dovrebbe essere sempre spontanea e mai imposta; ma Pillon confonde la mediazione familiare con la negoziazione assistita) ingolosisce i futuri mediatori che entreranno nell’istituendo albo, ma appesantisce i tempi, frena le procedure e aumenta i costi di chi può permetterseli.
In nome di criteri falsamente egualitari, viene imposto uno schema astratto di separazione o divorzio, eliminando le concrete differenze personali, le singole individualità e le particolarità nelle relazioni tra i soggetti, sia adulti sia minori, mai astrattamente identiche. E così viola anche tutte le normative internazionali, Onu e Consiglio d’Europa, a cominciare dalla Convenzione di Istanbul, che impongono ai legislatori di favorire flessibilità ed elasticità nelle regolamentazioni, soprattutto nell’interesse del minore, qui ipocritamente sbandierato, ma subordinato all’interesse del genitore di potere.
Il livore dei padri separati arriva a falsificare i dati statistici sull’affido esclusivo, assimilandolo a quello condiviso con residenza prevalente presso la madre e confondendo l’affido condiviso con quello alternato. Viene presentata come scientificamente fondata la screditata tesi della alienazione parentale del genitore – la madre – che strumentalizza e aizza il minore contro il padre.
In successiva battuta questi legislatori (lo hanno già proclamato) perseguiranno la eliminazione dell’aborto e il disconoscimento delle unioni civili omosessuali.
Non sottovalutiamolo e contrastiamolo.
Chiediamone il ritiro immediato e totale, senza entrare nella trappola di proporre emendamenti parziali a un testo inaccettabile per la sua filosofia di fondo.
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