Il cambio di aspettative sull’economia è stato repentino e drammatico. Dall’attesa messianica sulla «crescita» dopo il crollo del Prodotto interno lordo (Pil) da 8,9% (un rimbalzo tecnico dopo il lockdown per rallentare il Covid nel 2020), a partire dall’invasione russa dell’Ucraina il 24 febbraio si è passati al timore di una stagflazione, cioè una situazione caratterizzata da Pil stagnante o in calo ma con prezzi al consumo in crescita.

È questo lo scenario che sembrano preparare le stime di ieri dell’Istat. Per l’aumento dei costi dell’energia e delle incertezze sulle fonti di approvvigionamento del gas il Pil italiano risulterebbe inferiore dello 0,7%. Il 4,1% prospettato solo il 10 febbraio scorso dalla Commissione Europea si sta dunque allontanando.

E siamo solo all’inizio.

In realtà la decelerazione della «ripresa» era già iniziata a settembre 2021 ed è stata confermata a gennaio 2022 dalla caduta della produzione industriale del 3,4% e da una flessione delle vendite al dettaglio causate dalla fiammata inflazionistica precedente alla guerra, e prodotta dall’inceppamento delle catene di approvvigionamento globale, che ha fatto schizzare i prezzi delle materie prime, dei beni energetici o agroalimentari, azionando una dinamica speculativa.

Un’idea più precisa del ribasso in atto la si avrà tra marzo e aprile ma già ora sembra evidente che il menu preparato sia a livello europeo che italiano dal governo Draghi rischia di dovere essere ripensato.

La partita potrebbe riguardare anche il piano di ripresa e resilienza (Pnrr). Da settimane ci sono voci su un ripensamento. Ipotesi ieri esclusa da Draghi in parlamento.

La situazione descritta ieri dall’Istat è stata confermata in molti settori. Nella manifattura lombarda, ad esempio, la bolletta energetica salirà a 11 miliardi di euro, sostiene il Centro studi di Assolombarda. Prima dell’inizio della guerra russsa in Ucraina era 8,4 miliardi e nel 2019 era 2 miliardi.

Per Coldiretti il balzo dei prezzi di benzina e gasolio sotto la spinta dell’aumento del petrolio farà aumentare i costi produzione dell’agricoltura di otto miliardi: gasolio per i trattori, riscaldamento delle serre, energia per la produzione di prodotti fitosanitari, fertilizzanti e materiali come la plastica. Il grano è aumentato del 40,6% in una settimana raggiungendo un record negli ultimi 14 anni: 12,09 dollari per bushel (27,2 chili). Mai così alto dal 2008. Coldiretti ha chiesto alla Regione Lazio la dichiarazione di stato di crisi del settore.

Il caro del gas ha messo in ginocchio anche il sistema delle cartiere.

A Carmignano di Brenta (Padova), la Pm3 è stata costretta allo stop della produzione. Anche l’industria siderurgica è in difficoltà: la Zanardi Fonderie di Minerbe (Verona) è stata costretta a sospendere la produzione per una settimana a causa dei rincari dell’energia e per la carenza di materie prime. In difficoltà è la stampa editoriale, commerciale e il packaging. Rallenta la stampa di libri perché non si trovano i materiali per la produzione di lastre. Stesso problema per gli astucci in cartoncino necessari per il settore farmaceutico e cosmetico.

L’annuncio dell’embargo da parte di Stati Uniti e Regno Unito sul petrolio russo ha fatto schizzare ieri il prezzo di benzina e diesel. Per «Staffetta quotidiana» solo Eni ha aumentato di 14 centesimi la prima e di 24 il secondo. Solo un esempio che spiega la sciopero in corso dei pescatori, ieri hanno protestato a Roma. Il caro carburante impedisce di andare in mare per pescare il pesce fresco.