Una prima geografia sociale del voto romano del prossimo autunno, non può che partire da cinque anni fa: il centrosinistra prevalse solo nei due municipi del centro storico e il Movimento 5 Stelle conquistò il resto della città. Fu la rappresentazione di un accerchiamento. Parve la vendetta delle periferie sacrificate al cemento senza servizi del Piano regolatore del sindaco Veltroni.

GIUNTI ALLE FASI finali della prima consiliatura pentastellata la rappresentazione si fa più complessa. La pandemia in 15 mesi ha affondato il parco turistico a tema che ha colonizzato la città storica. Ne hanno fatto le spese anche affittacamere e case vacanze, quell’economia che negli anni dello svuotamento del centro dagli abitanti ha fornito sussistenza a chi poteva disporre di piccole rendite immobiliari. Una seconda mappa, quella della distribuzione delle stanze disponibili sulla piattaforma Airbnb, dimostra che questa economia immobiliare molecolare è concentrata soprattutto nel primo cerchio: circa il 60% dei poco meno di 14 mila alloggi disponibili si trova nel primo municipio.

LA VORAGINE inghiotte le zone considerate privilegiate. Rischia far franare i pezzi di società che di fronte alla crisi si erano aggrappati alle mura delle case di famiglia. La città che si era illusa di sigillare il centro storico per consegnarlo alle élites e/o agli ospiti istantanei del turismo mordi e fuggi si è scoperta porosa. Lo si capisce dai casi di cronaca nera. La tragica morte del carabiniere Mario Cerciello Rega ad opera di uno studente statunitense alla caccia del cavallo di ritorno di una partita di cocaina, il festino tossico al culmine del quale Manuel Foffo e Marco Prato hanno ammazzato Luca Varani, l’uccisione di Luca Sacchi all’Appio per mano di due spacciatori, raccontano in forma estrema che allo scontro tra alto e basso si è sostituita la commistione violenta tra pezzi di città che si pensavano separati. Il conflitto orizzontale che ha sostituito quello verticale si è palesato nei mesi scorsi anche all’Esquilino, ai confini tra centro e prima fascia di periferia, dove un abitante su quattro è migrante. Qui la borghesia progressista si è divisa attorno alla scelta di presentare un esposto contro i senza fissa dimora che cercano riparo sotto i portici di piazza Vittorio.

MA L’ASSEDIO di cui parlavamo è stato rotto: le elezioni suppletive in due municipi conseguenti al crollo di altrettante giunte grilline hanno portato alla vittoria del centrosinistra. Si tratta di territori molto ampi, quello del municipio VIII che dalla Piramide arriva lungo la via Ostiense fino a Ciampino, e quello del IV, a nordest lungo la via Nomentana. In questi due municipi, con Amedeo Ciaccheri e Giovanni Caudo, ha vinto un centrosinistra civico che va oltre le forze politiche tradizionali. Il modo in cui il centrosinistra, prevalga Gualtieri o chi per lui, si confronterà con queste innovazioni farà la differenza.

ALLE ELEZIONI POLITICHE del 2018 a Roma vinse il centrodestra, con Lega e M5S a contendersi le periferie. Alle europee dell’anno successivo il Pd riuscì a diventare primo partito, ma fu Salvini ad approfittare del ridimensionamento dei 5 Stelle. I curatori del volume Le mappe della disuguaglianza (Donzelli) hanno individuato ben 155 aree urbanistiche omogenee che compongono una città infinita fatta di tanti centri e tante periferie, un organismo che dal punto di vista produttivo si allarga sul territorio laziale. Ora che anche i centri commerciali, cattedrali postmoderne attorno alle quali è stata disegnata la vita delle nuove aree residenziali, non sembrano più un investimento sicuro per i signori del mattone, diventano fondamentali gli snodi logistici (si pensi a quelli di Amazon: Colleferro a sud e Passo Corese a nord) dai quali partono nugoli di camioncini per invadere le strade, parcheggiare in doppia fila, ostruire aree pedonale. È un altro modo di spremere valore dal territorio, di fronte al quale il disagio si esprime spesso sotto forma di claim reazionari.

LA RICHIESTA di decoro, repressione, efficienza evoca una galassia di pulsioni che aspettano che da destra arrivi un principe che le connetta in una trama organica. Il fatto che Carlo Calenda, aspirante sindaco alla ricerca del consenso delle periferie, abbia annunciato un confronto con Damiano Er Faina, fenomeno social autonominatosi rappresentante delle periferie e sedicente portavoce di un buon senso popolare che puzza di destra lontano un miglio, è l’emblema di una città che è sfuggita di mano alla sua classe dirigente. Roma questa volta è davvero altrove, e la politica ha solo pochi mesi per disegnare la mappa giusta.