Un segno meno per il governo Draghi. Per la prima volta l’esecutivo di unità nazionale deve affrontare un calo del prodotto interno lordo: nel primo trimestre del 2022 è diminuito dello 0,2% rispetto al trimestre precedente. Nonostante le stime fossero peggiori (il Def prevedeva un -0,5%) il «governo dei migliori» non fa una bella figura anche perché, come ammette il direttore centrale della contabilità nazionale dell’Istat Giovanni Savio «i dati europei ci vedono un po’ in fondo rispetto agli altri Paesi». E il Pil italiano è il solo ancora sotto i livelli pre-Covid dello 0,4%.
La «lieve» flessione dell’attività registrata dall’economia italiana nel primo trimestre del 2022, pari a -0,2%, è la prima dopo quattro trimestri di «crescita sostenuta». Se anche il prossimo trimestre vedrà il segno meno, l’Italia rientrerà tecnicamente in recessione: uno smacco che sarebbe intollerabile per Draghi.
Gli effetti della guerra in Ucraina sono naturalmente la causa principale assieme all’aumento dei prezzi dell’energia, non tutti legati al conflitto.
Sul fronte dell’inflazione però si registra una piccola riduzione. Ad aprile dopo 9 mesi di accelerazione, l’indice dei prezzi al consumo registra un aumento dello 0,2% su base mensile e del 6,2% su base annua (da +6,5% di marzo). Il rallentamento dell’inflazione su base tendenziale si deve prevalentemente ai prezzi dei beni energetici che rallentano dal +50,9% di marzo a +42,4%. La riduzione delle accise decisa dal governo e il calo delle bollette ratificato il primo del mese dall’Arera – grazie agli stanziamenti pubblici – hanno fatto la loro parte.
La piccola buona notizia però è subito eclissata dal fatto che per il «carrello della spesa» – che Istat valuta su prodotti alimentari e per la cura di casa e persona che rientrano nella spesa quotidiana delle famiglie- l’inflazione ha accelerato ad aprile al 6%, un punto in più rispetto al 5% di marzo. Dimostrando ancora una volta come l’inflazione colpisca di più le fasce più popolari e meno i ricchi.
A vedere comunque il bicchiere mezzo pieno è sempre l’ineffabile Renato Brunetta, unico esponente di governo a commentare i dati. «L’economia italiana tiene. Pesa, sullo 0,2 di oggi, il mese di gennaio che ha richiesto misure per il contenimento del virus, oltre alla guerra in Ucraina e il forte aumento dell’inflazione, soprattutto da beni energetici. Può essere considerata con cauto ottimismo, viste le poco rosee previsioni elaborate nel Def. L’aumento dell’export e del turismo sono segnali incoraggianti anche per i trimestri successivi: potrebbero segnare una crescita superiore a quella stimata sempre nel Def»».
A preoccupare però arrivano i dati sullo spread: il differenziale coi titoli tedeschi ha raggiunto i 185 punti base, sui livelli di giugno 2020; mentre il Tesoro ha assegnato 6,5 miliardi di euro di Btp a 5 e 10 anni con tassi in deciso rialzo: 1,91% e 2,78%, ai massimi da oltre tre anni.