La vittoria del destre mette fine alla speranza di vedere approvata una serie di riforme che permetterebbero all’Italia di mettersi finalmente al passo con altri Paesi europei. Disegni di legge che già nella passata legislatura hanno avuto vita difficile ma che adesso rischiano di essere definitivamente affossati: dallo ius scholae al ddl Zan contro l’omotransfobia, dal fine vita alla legalizzazione della cannabis.

L’inizio dell’era Meloni getta dunque acqua fredda sulle speranze di circa un milione di ragazzi, figli di immigrati che risiedono legalmente e lavorano da anni nel nostro Paese, di poter finalmente diventare cittadini italiani. La riforma che cambierebbe la loro vita, lo ius scholae (cittadinanza al termine di un ciclo scolastico) , dopo essere rimasta ferma a lungo in commissione Affari costituzionali lo scorso mese di luglio è finalmente arrivata in aula della Camera per il voto dove però si è arenata di nuovo, ufficialmente per dare la precedenza a una serie di decreti più urgenti.

Nonostante qualche voce fuori dal coro in Forza Italia (come Renata Polverini) e seppure con qualche distinguo sempre di Fi, il centrodestra è contrario alla riforma, preferendo di fatto mantenere per ora le cose come sono oggi: si è cittadini italiani se si nasce da almeno un genitore italiano (ius sanguinis) oppure, se straniero, dopo aver risieduto per almeno dieci anni nel nostro Paese.

Niente da fare anche per il ddl Zan. Approvata dalla Camera il 4 novembre del 2020, la legge contro l’omotransfobia è stata bloccata al Senato il 27 ottobre del 2021 tra gli applausi e le urla delle destre. A maggio di quest’anno il Pd ha ripresentato il ddl Zan senza però che l’iter della legge iniziasse.

L’8 novembre 2022, neppure un mese dopo l’insediamento del nuovo governo, scadrà invece (per la seconda volta) il termine concesso al legislatore dalla Corte costituzionale per riformare l’ergastolo ostativo. Non che il testo di legge licenziato a fine marzo dalla Camera sia proprio in linea con le raccomandazioni della Consulta, anzi. In molti punti va esattamente nella direzione opposta da quella indicata nella sentenza n.97 dell’aprile 2021 con la quale la Corte ha giudicato illegittimo il divieto della libertà condizionale e dei benefici penitenziari ai detenuti mafiosi che non collaborino con la giustizia. E però perfino quel testo a settembre è stato definitivamente affossato in Senato, escluso dalla calendarizzazione di fine legislatura.

Una croce andrà messa, nell’era Meloni, pure sopra un’altra serie di leggi riguardante i diritti civili: legalizzazione della cannabis, suicidio assistito, cognome della madre, affettività delle persone detenute, etc. Anche nel caso della «morte volontaria medicalmente assistita» – che Fd’I e la Lega considerano un’apripista all’eutanasia forzata – la Consulta si è già pronunciata dichiarando non punibile l’aiuto al suicidio di chi versa in determinate condizioni psico-fisiche. Anche in questo caso, il testo approvato alla Camera a marzo era in attesa di concludere l’iter al Senato. Doveva invece approdare in Aula a Montecitorio già a luglio scorso la proposta di legge Magi-Licantini che depenalizza la coltivazione domestica a uso personale di quattro piantine di marijuana, ma si è preferito rinviare. Non ci resta che vigilare perlomeno sulla legge 194. Almeno quella.