La Repubblica del Benin era sempre stata considerata come un’isola felice nel panorama del Golfo di Guinea, dove non era stata mai toccata dalla violenza dei gruppi jihadisti che da molti anni colpiscono nel Sahel. Nelle ultime settimane invece il nord del piccolo Paese africano è stato colpito da una serie di raid che hanno provocato 9 morti.

Sono rimasti uccisi 5 ranger e il loro istruttore francese in missione anti-bracconaggio di una ong sudafricana per la conservazione chiamata African Parks Network che ha preso in gestione il Parco Nazionale “W” in una zona chiamata Point Triple, perché qui si intersecano i confini di Benin, Burkina Faso e Niger. Insieme a loro sono stati uccisi un soldato dell’esercito beninese e due agenti civili in servizio al parco. È il bilancio più grave mai registrato nel Benin.

Le forze francesi della missione Barkhane presenti nella regione, utilizzando dei droni e forze aeree, sarebbero riuscite a colpire il commando responsabile dell’attacco, composto da circa 30 islamisti, distruggendo anche pick-up e moto con i quali il gruppo aveva già lasciato il territorio del Benin per spostarsi in Burkina Faso.

RESTANO I DUBBI sulla dinamica di questi attentati, perché la ong sudafricana ha parlato di imboscata da parte di uomini armati di fucili automatici e machete, mentre il governo di Porto Novo ha dichiarato che le morti sarebbero state causate da ordigni esplosivi artigianali.

Poco cambia perché la matrice in compenso sembra molto chiara. Negli attacchi iniziati nel 2019 e fino alla metà del 2021 non c’erano state rivendicazioni ufficiali, ma ora si è fatto avanti il gruppo Jama’at Nasr al-Islam wal-Muslimin (Jnim o Gruppo di supporto all’Islam eai musulmani), legato ad al-Qaeda, che ha fatto delle foreste di questa impervia zona del Benin il proprio santuario per muoversi agilmente fra i tre stati.

La situazione in Africa Occidentale resta tesissima con colpi di stato che si susseguono uno dopo l’altro e i militari che sono al potere in molti stati chiave. La presa di potere da parte delle forze armate è direttamente collegata alla lotta al terrorismo islamista, una lotta che i governi civili di Mali e Burkina Faso non sono stati in grado di sostenere. Nel Sahel è anche in atto un durissimo scontro all’interno del jihadismo fra i gruppi affiliati con Al-Qaeda e quelli invece in crescita appartenenti alla galassia dello Stato Islamico, che ormai controllano la maggioranza dei movimenti dell’area. In Nigeria Boko Haram, dopo una feroce lotta interna, è confluita nello Stato Islamico, mentre in Mali lo Stato Islamico nel Grande Sahara è molto articolato e radicato.

IN QUESTO CONTESTO la missione militare Barkhane, nata per la lotta al fondamentalismo islamico, è vicina al ritiro dopo un conclamato fallimento. Non molto più successo in questo delicato scenario potranno avere la Minusma, la missione Onu attiva in Mali o l’operazione Takuba, task force internazionale a guida francese a cui partecipa anche un contingente italiano che fa base in Niger.

Errata Corrige

L’instabilità del Sahel si estende anche in un Paese che sembrava un’oasi felice. 9 morti nelle ultime settimane. Jnim rivendica l’incursione nel parco nazionale “W”