Una Capitol Hill in miniatura, la giornata di proteste sociali represse violentemente ieri a Nairobi, con almeno un morto, un meccanico, pare non manifestante, che nello slum di Kibera è stato colpito da un proiettile sparato dalla polizia.

Già la scorsa settimana la tensione era palpabile, soprattutto nei quartieri più popolari della capitale del Kenya: in molti lamentano il crescente costo della vita, i prezzi dei generi di prima necessità che aumentano di giorno in giorno mentre crolla il valore dello scellino sui mercati e si assottigliano sempre più le riserve di valuta estera del Paese. Con tutte le difficoltà che ne conseguono sulla capacità di approvvigionamento di materie prime come grano e mais sui mercati internazionali. Il Kenya vive una situazione economica difficile, le cui vittime sono principalmente i meno abbienti.

 

Nairobi, 20 marzo 2023 (foto Ap)

 

LA RABBIA È FORTISSIMA: il centro della capitale, ieri mattina, era blindato dalla polizia, che tuttavia non è riuscita a impedire lanci di pietre e incendi di copertoni lungo la centralissima Kenyatta avenue, proprio alle spalle del Parlamento, della Corte Suprema e dei centri nevralgici del potere politico ed economico del Paese. La preventiva serrata di negozi e uffici, le famiglie che non hanno mandato i figli a scuola, l’Università chiusa, tutto portava a pensare al peggio mentre gli slogan dello sfidante del presidente William Ruto alle ultime elezioni, l’ex-primo ministro Raila Odinga, innescavano proteste furiose anche a Kisumu, roccaforte elettorale del grande sconfitto .

Odinga, esponente di una delle due storiche famiglie del potere keniota, non ha mai accettato i risultati elettorali e da mesi urla ai brogli e chiede il riconteggio dei voti. Ha tenuto diversi incontri post-elettorali con i suoi sostenitori, l’ultimo domenica scorsa in uno stadio alle porte di Nairobi. I toni con cui l’ex-primo ministro rivendica le sue ragioni sono figli del migliore Donald Trump: la coalizione politica che ha sostenuto Odinga alle ultime elezioni ha twittato domenica sera un video con le immagini di migliaia di manifestanti che festeggiano il loro leader e il testo «immaginate tutta questa gente dentro la State House», ovvero la residenza del Presidente della Repubblica.

 

Raila Odinga arringa la folla dal suo suv (Ap)

 

Ieri Odinga ha arringato la folla in favore di telecamera muovendosi a bordo di un suv dalla sua casa nella zona di Karen, il quartiere residenziale con le case più belle di Nairobi, che prende il nome dalla nota autrice danese Karen Blixen. «Sto arrivando» ha twittato in swahili verso le 11 del mattino, usando l’hashtag #ilgiornodeldestino.

DA QUEL MOMENTO i manifestanti convenuti nel centro della città hanno cominciato a marciare verso il Parlamento e la Corte Suprema, ricevendo in risposta lacrimogeni e bastonate della polizia, mentre nello slum di Kibera, dove vivono i poveri più poveri di Nairobi, sono stati dati alle fiamme decine di copertoni. E anche qui la risposta della polizia è stata fuori controllo: motociclisti fermati a caso e malmenati, lacrimogeni ad alzo zero e un morto, colpito da un proiettile vicino al Toi Market, a Kibera.

«È della massima importanza frenare l’aumento del costo della vita» ha dichiarato ieri Odinga, che alle elezioni è stato sostenuto dall’altro peso massimo della politica keniota, l’ex-presidente Uhuru Kenyatta. Ma più che al costo della vita l’ex primo ministro sembra concentrato sui «brogli elettorali» e sulle «intimidazioni» che continua a denunciare senza esibire alcuna prova, ma accusando la maggioranza di avere «frodato» gli elettori.

Donald Trump, da queste parti, sembra avere fatto scuola.