Nell’immensa aula bunker di Rebibbia, dove si è trasferito per le ultime battute il processo bis per la morte di Stefano Cucchi, pronunciano le loro arringhe conclusive gli avvocati dei 5 carabinieri imputati.

Il carabiniere Francesco Tedesco, imputato nel processo bis, mentre chiede scusa a Ilaria Cucchi, il 16 aprile 2019

Ieri è stata la volta dei difensori di Francesco Tedesco, il teste chiave (presente in aula) che da imputato per omicidio preterintenzionale insieme ai suoi due colleghi Raffaele D’Alessandro e Alessio Di Bernardo, autori del pestaggio dato ormai per assodato da tutti, è oggi accusato “solo” di falso e calunnia nei confronti dei tre agenti penitenziari che, innocenti, per sette anni hanno subito un procedimento.

Il pm Giovanni Musarò Foto di Eleonora Martini

Per Tedesco il pm Giovanni Musarò ha chiesto 3 anni e sei mesi, essendo il reato di calunnia andato ormai in prescrizione. Subito dopo ha preso la parola l’avvocato Giosué Bruno Naso, difensore del maresciallo Roberto Mandolini, all’epoca dei fatti comandante della caserma Appia e considerato il principale artefice dei depistaggi, per il quale la procura ha chiesto 8 anni per falso e calunnia.

Per Tedesco i suoi avvocati Eugenio Pini e Francesco Petrelli, invocano invece l’assoluzione. Diversi i motivi: perché sarebbe stato «l’anello debole di un ingranaggio potente», costretto per tanti anni a un comportamento a «doppio binario», da un lato omertoso «per paura di perdere il lavoro» e dall’altro corretto, teso a smarcarsi dai suoi due colleghi violenti contro i quali si era schierato durante il pestaggio. Ma, come da sua stessa ammissione, a far decidere infine Tedesco di vuotare il sacco è stata la lettura del capo di imputazione nei suoi confronti, a processo già avviato. Ecco perché è suonata piuttosto cacofonica l’affermazione dell’avv. Petrelli secondo il quale: «È Stefano Cucchi che chiede l’assoluzione di Tedesco». Anche se il geometra romano aveva detto più volte che a salvarlo da un pestaggio peggiore sarebbe stato un terzo carabiniere.

Epperò, ha gioco facile anche l’avvocato Naso – che ha pronunciato una seducente requisitoria nella quale ha accusato la procura di Giuseppe Pignatone di «cultura della giurisdizione» – a dire che Tedesco non avrebbe profferito parola se il primo processo si fosse chiuso con la condanna dei tre agenti penitenziari. Per questo, perché «Tedesco non è credibile», e perché secondo Naso non ci sarebbe relazione tra il pestaggio e la morte di Cucchi, l’avvocato chiede l’assoluzione di Mandolini.

Il 14 novembre è prevista la sentenza. E, per coincidenza, quel giorno si concluderà anche in Appello, dopo due rinvii della Cassazione, il processo ai cinque medici del “Pertini” accusati di omicidio colposo. Ma prima di allora, la prima Corte d’Assise ha dato ieri ancora due appuntamenti: il 6 e il 12 novembre per dare la parola ai difensori di D’Alessandro e Di Bernardo, per i quali la procura ha chiesto 18 anni di carcere. E il 12 novembre si apre anche l’altro processo, forse il più delicato, quello per il depistaggio. Per andare ai vertici dell’«ingranaggio potente».