«Cuba non si ferma», titolava a tutta pagina il (quotidiano del Pc) Granma di mercoledì. E in effetti l’isola non è in ginocchio. Ma certo, gravemente ferita. L’uragano Irma, la più potente tormenta mai prodottasi nell’Atlantico, con venti attorno ai 250Km orari, e un diametro che ha superato abbondantemente i 300 chilometri, ha colpito Cuba per 72 ore, da Baracoa, all’estremo oriente fino a Cardenas, vicino al famoso litorale di Varadero. Con una forza spaventosa, come può testimoniare chi scrive che pure, a Cojimar nel municipio dell’Avana dell’Est, ha dovuto subire “solo” l’assalto della periferia del ciclone.

UNA FURIA IMPRESSIONANTE, con ondate che si sono letteralmente mangiate un quarto del lungomare del paese – famoso perché qui Ernest Hemingway aveva la sua barca Pilar – e raffiche di vento che hanno fatto strage di vegetazione. Il panorama che ancora mostra la cittadina è un cimitero di alberi, dalle snelle palme a maestosi mango, divelti, con le radici all’aria, parcheggiati ai bordi delle strade assieme a tonnellate di pezzi di alberi, rami, cactus provenienti dai giardini delle case, pali della luce abbattuti, cavi di linee elettriche e telefoniche spezzati . Gli edifici vicino al mare praticamente tutti con i segni dei gravi danni subiti dalla penetrazione delle onde.

Nei 15 municipi della capitale 4288 edifici hanno subito danni, dal crollo totale (157) a crolli parziali (986), ai tetti completamente o parzialmente divelti. Ma un bilancio definitivo sarà possibile solo alla fine della settimana. Tenuto conto che la maggioranza delle linee elettriche e telefoniche sono aeree, i danni sono stati massicci. In alcune aree della capitale non è stata ancora restaurata la corrente, in altre funziona, ma con apagones nel corso della giornata o della notte. 39000 linee telefoni che sono state interrotte, 32 su 62 aree pubbliche di wi-fi fuori servizio. Senza corrente, in alcuni quartieri non arriva l’acqua, che è portata con camion cisterna. Moltiplicati per tutta l’isola, i danni sono colossali.

MA CERTAMENTE quello che più «duele» sono le 10 vittime della furia di Irma, sette nella capitale e una per ciascuna delle provincie più colpite, Ciego de Avila, Matanzas, Camaguey. In un paese che ha messo a disposizione tutte le sue strutture, materiali e umane, per salvaguardare le vite dei cittadini si tratta di un bilancio pesantissimo. Quasi una colpa nazionale, anche se in una catastrofe di queste dimensioni prevedere tutto è impossibile.

In un commento del tg della sera di martedì, veniva messo in luce che metà della vittime potevano salvarsi, se avessero rispettato le indicazioni della Difesa civile. Ma avevano rifiutato di evacuare le loro case, considerate insicure dalle autorità responsabili; preoccupati più dei loro beni che della propria vita. O avevano commesso gesti di «indisciplina», come toccare cavi della corrente e antenne della tv nonostante i richiami ad evitare assolutamente azioni pericolose di questo tipo. La commentatrice si chiedeva se, in occasione di un prossimo uragano, le consegne di evacuazioni della Difesa civile debbano essere imposte anche con la coercizione. Una decisione difficile per un governo che viene già accusato di essere eccessivamente burocratico, centralizzato e autoritario (o peggio «dittatoriale»). Anche quando ha record di difesa dei propri cittadini invidiabili da paesi ben più sviluppati e «democratici».

A evitare il peggio, ha contribuito anche la grande solidarietà che, in generale, in queste occasioni dimostrano i cubani. Vicini con case sicure che ospitano amici o solo conoscenti che non hanno altrettanta fortuna, oppure pronti a dare una mano a chi è in diffcoltà o a soccorerre feriti. Policlinici o centri di assistenza medica organizzati per l’occasione che hanno funzionato a pieno regime. A livello nazionale «la solidarietà viaggia da un lato all’altro dell’isola» con le squadre di tecnici, operai specializzati, medici e paramedici spostati dalle zone meno colpite per aiutare nella «fase di recupero», che è immediatamente iniziata nelle provincie, man mano che l’uragano si spostava da Est a Ovest.

NELLE ZONE più colpite  della capitale, quelle del littorale come Centro Habana, dove il mare è penetrato allagando edifici, ieri erano in funzione 124 punti vedita, a prezzi molto bassi, di cibo leggero e prodotti di igiene (compresi quelli per purificare l’acqua). Continui appelli sono rivolti alla popolazione affinché vengano prese le misure consigliate per evitare che, data la mancanza di acqua e con i cumuli di detriti, immondizia e acque di scolo, possano insorgere epidemie. Ma, come detto, il paese non si ferma e da ieri sono riprese le scuole, è stato riattivato il sistema di trasporto urbano e su ferrovia, riparate le strade più colpite, come il terrapieno che unisce la zona turistica di Cayo Coco all’isola. Nelle prossime ore riprenderà il campionato nazionale di baseball, mentre già da martedì sono continuate le assemblee popolari per la nomina dei candidati alle prossime elezioni generali.

I danni sono enormi, anche se fino a mercoledì non erano state date cifre ufficiali. La priorità nel recupero viene data ai settori strategici più colpiti: turismo, con l’obiettivo della piena attivazione per l’alta stagione (da novembre) e agricoltura, con i contadini impegnati alla raccolta di quanto non è stato distrutto da Irma e in preparazione della campagna invernale con coltivazioni «di corto ciclo».