L’impennata degli sbarchi si deve in buona parte alle trame della divisione Wagner, cioè a Putin: parola del ministro della Difesa Crosetto che però parla per tutti, come conferma palazzo Chigi. Guerra in Ucraina e difesa dei confini marittimi, secondo il governo, non solo si intrecciano ma si sovrappongono, diventano una cosa sola. Il problema non riguarda più dunque solo l’Europa con le sue eterne divisioni ma la Nato. I confini dell’Italia sono un fronte nel conflitto intorno a cui in questo momento ruota tutto. Di prove non ce ne sono. Quel che hanno detto a porte chiuse i servizi è ovviamente segretissimo. Bisogna fidarsi della parola di Crosetto.

Il fragoroso allarme arriva al termine di un vertice convocato dalla premier in mattinata a palazzo Chigi: ci sono tutti, in presenza o in video. Oltre a Crosetto arriva di persona Piantedosi, Tajani e Salvini, all’estero, sono invece videocollegati. Premier e ministri non sono soli, a fare rapporto ci sono anche i vertici dell’Intelligence. A cosa si deve il vertice d’urgenza? Certamente alla moltiplicazione degli sbarchi, che hanno superato i 20mila arrivi, oltre il triplo di un anno fa. Di questo passo il guaio diventerà gigantesco: «Rischiamo una situazione ingestibile entro pochi mesi» suonano a distesa le sirene di Fitto, pur non convocato al summit.

La sorpresa arriva poco dopo: questa ondata, che prevedibilmente monterà sempre più con la primavera e l’estate, fa parte di una subdola strategia russa. Crosetto è tassativo, non sospetta ma assicura: «Mi sembra che si possa ormai affermare che l’aumento del fenomeno migratorio dalle coste africane sia parte di una guerra ibrida che Wagner sta attuando, approfittando del suo peso in alcuni Paesi africani». Tajani, da Gerusalemme, è appena più cauto: «Molti migranti arrivano da aree controllate da Wagner. Non vorrei che ci fosse un tentativo di spingerli verso l’Italia». Tajani «non vorrebbe» ma certo denunciare l’intreccio tra i problemi italiani sull’immigrazione e quelli dell’intero occidente nello scontro con Putin al governo di Roma fa parecchio comodo. Le parole del ministro della Difesa sono esplicite: «Ue, Nato e Occidente farebbero bene a capire, come hanno già fatto per gli attacchi cyber, che il fronte sudeuropeo sta diventando sempre più pericoloso. L’Alleanza si consolida se si condividono i problemi ma rischia di incrinarsi se i Paesi più esposti alle ritorsioni vengono lasciati soli». Insomma la vittoria su Putin dipende anche dal sostegno attivo alle politiche contro l’immigrazione della destra italiana.

La risposta del capo della divisione Wagner Prigozhin è immediata e molto ruvida: «Crosetto dovrebbe occuparsi dei suoi problemi, che probabilmente non riesce a risolvere. Noi non ci occupiamo della crisi migratoria: abbiamo già i problemi nostri». Già che ci si trova, Prigozhin non si risparmia un insulto greve rivolto al ministro della Difesa, «mudak» che a derubricare si potrebbe tradurre con «cretino» ma in realtà è molto peggio. Le assicurazioni del capo della Wagner valgono poco ma è impossibile anche fidarsi a scatola chiusa di affermazioni che tanta acqua portano agli interessi del governo italiano. È certamente possibile che le pressioni russe facilitino le partenze dalla Cirenaica di Haftar ma gli esperti sostengono invece che si è aperta da quei porti una nuova rotta, che non sostituisce quella abituale dalla Tripolitania ma la raddoppia, senza alcuna prova di interventi russi.

L’emergenza sbarchi ha consentito anche alla premier di riaprire un capitolo che sembrava essersi chiuso, con la vittoria di Salvini, nella riunione del cdm di Cutro, l’intervento della Marina, cioè del ministero di Crosetto, nella sorveglianza marittima. Ieri Meloni è tonata alla carica: quelle navi hanno la strumentazione più adeguata, devono essere coinvolte a fianco della Finanza e della Guardia costiera che fa capo a Salvini. Non è l’unico sospeso nella partita tra i due leader della destra: il braccio di ferro principale è sui decreti flussi. Il Viminale fa filtrare che non è affatto detto che sia necessario allagare i flussi previsti. La premier è di parere opposto e lo ha fatto capire anche ieri. Dopo essersi lanciata in un’appassionata autodifesa, «Io e il governo siamo stati accusati di cose raccapriccianti ma la mia coscienza è a posto», è tornata a esporre la sua strategia: «L’approccio serio è fermare i trafficanti, investire in Africa, accogliere chi ne ha diritto e favorire i flussi legali».