Due anni dopo comincia a prevalere la rassegnazione, la consapevolezza che tornare indietro sarà sempre più difficile. Indietro alle proprie case e alle proprie vite, perché le prime spesso non ci sono più, ridotte a cumuli di macerie, e le seconde sono ormai devastate da 24 mesi di guerra. Stati d’animo alimentati da un conflitto di cui non si riesce a vedere la fine e che l’Unhcr, l’Agenzia Onu per i rifugiati, ha raccolto in un dossier realizzato intervistando 9.900 famiglie ucraine e che non a caso ha voluto intitolare «Vite sospese: intenzioni e prospettive dei rifugiati, delle persone rientrate e degli sfollati interni dell’Ucraina» e in cui si denuncia come ancora oggi «il futuro di milioni di persone in fuga rimane avvolto nell’incertezza».

Da quel 24 febbraio 2022, quando su ordine di Putin i carri armati russi hanno varcato i confini dell’Ucraina seminando morte e distruzione, sono milioni gli ucraini fuggiti all’estero: attualmente sono ancora 6.479.700, la stragrande maggioranza dei quali (6.004.100) in Europa. A questi vanno aggiunti quasi 3.700.000 sfollati interni.

A questo fiume di persone in fuga fin dai giorni successivi all’invasione l’Unione europea ha riconosciuto una protezione temporanea che di fatto li equipara ai rifugiati e consente loro di avere un permesso di soggiorno della durata di un anno (prorogabile), di lavorare, mandare i figli a scuola, avere assistenza sanitaria e di spostarsi liberamente tra gli Stati membri.

Tra i paesi che ne hanno accolti di più c’è la Polonia (1.640.510), seguita da Germania (1.053.000) e Spagna (192.400). Per quanto riguarda l’Italia, dall’inizio del conflitto sono arrivati 189.450 ucraini, l’87% dei quali donne e minori (4.000 sono i bambini non accompagnati registrati fino a dicembre 2023). La maggior parte di queste persone ha trovato ospitalità presso parenti o amici già residenti del nostro paese.

Molti tra gli intervistati dall’Agenzia Onu hanno citato l’insicurezza prevalente in Ucraina come il principale fattore che impedisce il loro ritorno, mentre altre preoccupazioni includono la mancanza di opportunità economiche e di alloggi. Una priorità fondamentale per l’Unhcr è quella di ricostruire le case in Ucraina in modo che le persone possano rimanere nelle loro abitazioni. Ad oggi sono state riparate più di 27.500 case. Tuttavia, tra i rifugiati rimpatriati intervistati in Ucraina, più della metà – il 55% – ha dichiarato che le opportunità di lavoro sono inferiori alle loro aspettative.

Preoccupante è il fatto che una percentuale significativa di rifugiati ucraini intervistati – circa il 59% – ha indicato che potrebbe essere costretta a tornare a casa sebbene non si tratti della scelta preferita a causa della guerra in corso, se nei Paesi ospitanti dovessero rimanere i problemi legati alle opportunità di lavoro e allo status legale.

A tutto questo si aggiunge poi la distruzione delle infrastrutture civili del paese. Si calcola che 1523 strutture mediche, 1.600 scuole e quasi 400 mila ponti siano andati distrutti. Inoltre c’è difficoltà ad avere accesso ad acqua potabile ed elettricità.

Tra coloro che pagano il prezzo più alto della guerra ci sono naturalmente i bambini. L’Unicef ha denunciato come i minori che in questi due anni hanno vissuto nelle città che si trovano in zone in prima linea nei combattimenti sono stati costretti a trascorrere dalle 3.000 alle 5.000 ore – ovvero da 4 a 7 mesi – rifugiati in seminterrati e in stazioni sotterranee della metropolitana mentre risuonavano gli allarmi antiaerei. Da febbraio 2022 gli attacchi senza sosta – con circa 3.500 allarmi antiaerei nelle regioni di Zaporizhzhia e Kharkiv e di quasi 6.200 nella regione di Donetsk – hanno avuto «un impatto devastante sulla salute mentale dei bambini e sulla loro capacità di apprendere efficacemente». Sulla base sempre dei dati forniti dall’Unicef, negli ultimi due anni 579 bambini ucraini sono stati uccisi, altri 1.284 sono stati feriti e 3,3 milioni di minori hanno bisogno di assistenza umanitaria.