Se alla Camera l’esponente di Fd’I Giovanni Donzelli spara a casaccio accuse contro i deputati dem che si sono preoccupati di constatare personalmente lo stato di salute del detenuto Alfredo Cospito (com’è loro dovere), è perché il governo sul caso in questione è davvero in difficoltà. In particolare lo è il ministro di Giustizia Carlo Nordio che ieri, mentre a Montecitorio andava in onda la bagarre, in conferenza stampa insieme al responsabile del Viminale Matteo Piantedosi e al vicepremier e capo della Farnesina Antonio Tajani, ha tentato di spiegare che, se anche volesse, non è nelle sue disponibilità immediate la revoca del 41 bis – imposto otto mesi fa per l’anarchico giunto al 104esimo giorno di sciopero della fame e che da ieri ha anche rinunciato agli integratori – richiesta dall’avvocato difensore sulla base di nuove «prove» a discarico di Cospito.

AMMESSO CHE ESISTA «un procedimento parallelo per devolvere al ministro di Giustizia la revoca del 41bis» mentre si è in attesa che sul caso si pronunci la Cassazione, cosa «opinabile perché la legge è stata cambiata varie volte e va interpretata», ha detto Nordio, «di sicuro prima il ministro deve ascoltare i pareri della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, del Giudice di sorveglianza e dei pm del processo» fermo alla Corte d’Appello di Torino in attesa che la Consulta chiarisca se – detta in soldoni – nel caso dell’attentato alla caserma di Fossano, l’ergastolo chiesto dai pm per Cospito sia pena costituzionalmente lecita.

Due su tre di questi pareri sarebbero però già arrivati in via Arenula e sembrerebbero non pregiudizialmente contrari alla possibilità di revoca del regime di carcere duro all’anarchico. Anche se, come ha spiegato lo stesso Guardasigilli, «è questione controversa se questi pareri siano vincolanti». Tanto che, ha aggiunto Nordio, «per l’importanza politica che riveste la vicenda, che riguarda altri ministeri, penso sia probabile che sia poi discussa dal Consiglio dei ministri e penso possa essere addirittura attuata una discussione parlamentare sulla questione in generale, in modo da capire quali siano le posizioni delle varie forze politiche».

DAL CANTO SUO, infatti, il procuratore generale di Torino, Francesco Saluzzo, che ha chiesto esplicitamente di depositare il proprio parere sul caso Cospito «nella duplice veste di pm presso il giudice di esecuzione e di pm presso il giudice di cognizione», ha già comunicato in una dettagliata nota dove ricostruisce l’intera storia processuale dell’anarchico trasferito lunedì nel carcere di Opera-Milano, che «il “cumulato” delle condanne definitive emesse a carico di Cospito da diversi tribunali è una pena detentiva di 30 anni», non ancora l’ergastolo come da lui stesso richiesto.

Ma che la «posizione processuale» dell’anarchico «non ha nulla a che vedere» con la misura del 41 bis, «regime differenziato di detenzione che viene applicato a soggetti dei quali si riconosca la particolare pericolosità, imputati o condannati per taluni gravi reati previsti dalla legge, e la possibilità e capacità di mantenere, pur se detenuti, collegamenti con le associazioni, mafiose terroristiche o eversive». Insomma, come a dire che la questione va risolta altrove.

ANCHE IL PARERE del procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo è già arrivato nelle mani del ministro, lo aveva praticamente annunciato lo stesso Nordio in conferenza stampa. Ma il governo si è impuntato proprio su quei «gesti vandalici e intimidatori» che, asserisce Nordio, «da un lato provano che il legame tra il detenuto e i suoi compagni esterni rimane» – e «questo giustificherebbe il mantenimento del 41bis» – e «poi dimostrano che lo Stato non può minimamente scendere a patti, essere intimidito o dar segno di essere intimidito dall’attività violenta». Oltre al fatto che, dice il Guardasigilli, «lo sciopero della fame non deve incidere sulle condizioni di detenzione: se lo facessimo, potremmo trovarci domani con centinaia di mafiosi al 41 bis che fanno lo stesso mettendo lo Stato di fronte a certe condizioni».

A questo punto il confronto con il Parlamento è d’obbligo: oggi pomeriggio alle 16 il ministro riferirà in Aula alla Camera, informativa inizialmente prevista per domani ma anticipata dopo la “bomba” Donzelli.