Martedì prossimo alla Corte di giustizia dell’Unione europea si terrà un’udienza che potrebbe cambiare le sorti di una delle questioni più controverse in materia di immigrazione. Quella che riguarda il reato di favoreggiamento.

Nell’ordinamento italiano è previsto dall’articolo 12 del testo unico immigrazione che, sebbene introdotto precedentemente, rispecchia con precisione gli obblighi di incriminazione previsti dal cosiddetto Facilitators package. L’espressione indica la combinazione di una direttiva e di una decisione quadro dell’Ue, entrambe del 2002.

Il 17 luglio 2023 il tribunale di Bologna, sezione penale, ha accolto la richiesta dell’avvocata Francesca Cancellaro di rinvio pregiudiziale in merito a tali norme nazionali e comunitarie. La Corte deve aver ritenuto il caso molto importante, perché a giudicare sarà la Grande Camera. Una sorta di Sezioni unite della Cassazione, chiamata a esprimersi su interpretazioni particolarmente controverse o che possono avere effetti molto rilevanti sul piano giuridico.

Come stavolta, perché al centro del processo ci sarà la compatibilità delle norme che definiscono il reato di favoreggiamento dell’immigrazione irregolare con la Carta dei diritti fondamentali dell’Ue. Alla sbarra c’è l’obbligo di incriminazione anche in assenza della finalità di lucro. Il guadagno materiale, infatti, non è un elemento costitutivo del reato in questione, ma solo un’aggravante. Significa che si può finire davanti al giudice anche per aver aiutato qualcuno ad attraversare una frontiera per ragioni umanitarie o solidaristiche.

Come la donna da cui ha origine questa vicenda, che ha già cambiato la storia dell’articolo 12. E. K. K., nata in Congo, è stata arrestata il 27 agosto del 2019 all’aeroporto di Bologna: era appena sbarcata da un volo proveniente da Casablanca e stava provando a superare i controlli con dei documenti falsi. Con lei c’erano due bambine: la figlia di 8 anni e la nipotina di 12. L’accusa di favoreggiamento è scattata per la presenza delle due piccole. La donna racconterà poi di aver lasciato il suo paese per sottrarsi alle minacce di morte che il compagno, dopo la fine del loro rapporto, rivolgeva a lei e alla sua famiglia.

La redazione consiglia:
Migranti, sul favoreggiamento deciderà la Corte Ue

In Italia lo stesso caso è già finito davanti alla Corte costituzionale che ha eliminato dall’articolo 12 le aggravanti relative all’uso di «servizi internazionali di trasporto» e «documenti contraffatti o alterati». Con quelle E. K. K. rischiava fino a 15 anni di carcere. Dopo il pronunciamento della Consulta il reato è stato riconfigurato in favoreggiamento semplice e la competenza è diventata del giudice monocratico, che ha poi passato la palla alla Corte Ue. Intanto, però, era già accaduto qualcosa di terribile e irreparabile: con l’arresto la donna è stata separata dalle due bambine, dopo pochi giorni la nipote si è allontanata dalla casa di accoglienza. Non è mai stata ritrovata.

Tornando all’aspetto giuridico, nell’ordinanza del tribunale, firmata dalla magistrata Valeria Bolici in accoglimento della richiesta della difesa, si legge che «il giudice remittente dubita che la disciplina di cui all’articolo 12 Tui, coerente con l’assetto normativo dettato dal Facilitators package, sia conforme ai principi sanciti dalla Carta». Un rinvio ampio che mette in questione tutta l’architettura della norma. Questa, secondo la difesa, determina una compressione sproporzionata di una serie di diritti fondamentali sia di chi è accusato di favorire l’ingresso irregolare di stranieri, sia degli stessi migranti coinvolti.

Alcuni di questi diritti sono colpiti indirettamente dal chilling effect della legge, cioè dall’effetto dissuasivo prodotto dalla paura di una sanzione. Il quale può scoraggiare interventi a carattere umanitario, che in alcuni casi si rivelano salvavita. Del resto la legge italiana prevede la scriminante umanitaria solo dentro il territorio nazionale: non è mai stata applicata nei processi per l’articolo 12. È su questa base che nel corso degli anni sono stati aperti numerosi procedimenti contro attivisti, volontari e migranti accusati di favoreggiamento per condotte di natura solidale.

Adesso la Corte ha l’opportunità di segnare un punto di svolta sul terreno dei «reati di solidarietà». La discrezionalità del suo giudizio è molto ampia e non è possibile prevedere su quali piani si orienterà. La sentenza è attesa entro fine anno, ma già nell’udienza di martedì saranno chiarite le posizioni delle parti in gioco.