Torna l’incubo della guerra nei martoriati Balcani. Ieri il parlamento del Kosovo ha votato la trasformazione della sua «Forza di sicurezza», praticamente una polizia, in un vero e proprio esercito regolare (fino ad oggi il cessate il fuoco con la Serbia era garantito da 4.000 soldati Nato). A favore hanno votato 105 deputati mentre i rappresentanti della minoranza serba hanno abbandonato l’ aula. Si prevede che l’esercito dell’autoproclamata repubblica nel 2008 – un atto unilaterale che ha diviso sia l’Onu – la metà degli Stati non lo riconosce – sia l’Ue (Spagna, Grecia, Romania, Slovacchia e Cipro Nord non lo riconoscono). L’esercito consisterà in 5mila soldati, con altri 3mila riservisti: il costo dell’operazione sarà di 98 milioni di euro l’anno. La decisione era già nell’aria: proprio ieri la premier serba Ana Brnabic si era appellata a Pristina perché rinunciasse a un passo così pericoloso per la pace nella regione.

ALL’ESCALATION si è giunti dopo un inasprimento delle relazioni tra Belgrado e Pristina iniziato il 21 novembre scorso quando il Kosovo aveva aumentato del 100% le tariffe doganali nei confronti della Serbia e della Bosnia, dopo che l’Interpol aveva rifiutato l’adesione del Kosovo anche per l’iniziativa di Belgrado. Il Kosovo importa 400-500 milioni di dollari di prodotti serbi soprattutto alimentari. L’iniziativa di Pristina mirava a distruggere i legami, anche umanitari, tra Belgrado e la minoranza serba in Kosovo: una vera e propria «pulizia etnica sotterranea» come denunciato da più parti.

BELGRADO ha chiesto subito una riunione urgente del Consiglio di Sicurezza dell’Onu – visto che la decisione contraddice proprio la Risoluzione storica 1244 che assunse la Pace di Kumanovo che pose fine alla guerra Nato del 1999. Ora per il presidente serbo Nilkola Selakovic, la decisione kosovara potrebbe condurre la Serbia «a proclamare l’occupazione di parte del nostro territorio» con conseguente mobilitazione delle Forze armate serbe.

Contraddittorie le reazioni del mondo occidentale. Mentre Usa, Gran Bretagna e Germania avevano già dato da giorni semaforo verde a Pristina – la città era stracolma di bandiere americane -, ieri Jens Stolteberg, segretario della Nato ha dichiarato di «disapprovare la decisione presa malgrado le preoccupazioni espresse dalla Nato» e ora l’Alleanza potrebbe riconsiderare il proprio impegno di fronte al nuovo esercito kosovaro: non il disimpegno anticamera della guerra, ma l’aumento nel numero e nei tempi dei contingenti in campo.

SULLA STESSA lunghezza d’onda la Ue. «l’Unione europea – dice il comunicato Ue – si attende che il Kosovo continui a rispettare gli obblighi derivanti dal Primo Accordo sui principi per la normalizzazione delle relazioni con la Serbia concluso a Bruxelles nell’aprile 2013, compresi tutti gli impegni sulla sicurezza». Una condanna preoccupata – a parole – della politica doganale del Kosovo era venuto anche da Federica Mogherini.

DURISSIMA la posizione della Russia. Per Mosca le posizioni diversificate degli occidentali sono cortina fumogena per nascondere le loro responsabilità del peggioramento della situazione nei Balcani visto che «grazie all’aiuto degli Usa e di alcuni paesi Nato, l’esercito del Kosovo è stato in questi anni addestrato in armi ed equipaggiamenti». E iIl ministero degli esteri russo ha chiesto ufficialmente che la missione Onu in Kosovo adotti misure immediate per lo «scioglimento di qualsiasi formazione armata albanese-kosovara».