La Repubblica d’Irlanda gode di un’immagine internazionale benigna che la vuole un paese accogliente e aperto nei confronti degli immigrati stranieri. L’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea nel 2016 ha rafforzato, per contrasto, tale immagine della Repubblica. Potrebbe quindi risultare sorprendente che siano in corso in Irlanda una serie di proteste, intensificatesi dall’inizio del 2023, guidate da forze di estrema destra, contro i richiedenti asilo politico e i rifugiati, molti dei quali provenienti dall’Ucraina (l’Irlanda ha accolto ad oggi circa 63mila ucraini).

Le proteste, che hanno interessato varie zone di Dublino (Eastwall, Drimnagh, Ballymun), la sua periferia (Clondalkin) e altre città dell’isola (Fermoy a nord di Cork, Drogheda, Killarney) sono arrivate a contare fino a 400-500 partecipanti, reclutati anche sulle piattaforme di messaggistica come WhatsApp o Telegram. Si tratta di numeri per nulla trascurabili rispetto alle dimensioni del paese.

Lo schema ricorrente di queste manifestazioni consiste nel prendere di mira una struttura emergenziale di accoglienza, come un ostello, un hotel, o una scuola pubblica, e incoraggiare la popolazione locale a presentarsi con cartelli e insegne per protestare contro le persone alloggiate al suo interno. I manifestanti hanno talvolta bloccato il traffico, sulle strade centrali di Dublino come sulla circonvallazione autostradale che costeggia la città. L’episodio più grave si è registrato nella zona di Ashtown, il 28 gennaio, quando un gruppo di uomini in passamontagna, muniti di mazze da baseball e con un pastore tedesco al seguito, ha assalito un campo migranti dove si trovavano circa 8 stranieri senza tetto, ferendoli piuttosto gravemente.

Due forze politiche sembrano essere dietro queste manifestazioni. Una è rappresentata dall’Irish Freedom Party, un partito anti-immigrazione creato a immagine del partito pro-Brexit di Nigel Farage nel Regno Unito e, secondo indiscrezioni, finanziato dal suo corrispettivo britannico per richiedere l’uscita dell’Irlanda dall’Ue.

L’altra forza politica, più attiva e pericolosa, è il National Party, un partito di estrema destra apertamente xenofobo e retrogrado che possiede legami internazionali con vari gruppi neonazisti del continente europeo. Il National Party aveva usato strategie affini per mobilitare malcontento durante la pandemia, organizzando una serie di manifestazioni no-vax.

Si è creduto a lungo che l’Irlanda potesse essere immune a simili movimenti di matrice razzista, ma vale la pena ricordare che un precedente allarmante c’era già stato quando nel 2004, a seguito di una ‘prima’ ondata migratoria, gli irlandesi votarono in un referendum a favore dell’abolizione dello ius soli incondizionato. La destra fu molto attiva all’epoca nel diffondere l’idea che gli immigrati stessero prendendo d’assalto l’isola e in un paese dove la crisi immobiliare è profonda, il rigurgito razzista e xenofobo in qualche caso ha attecchito.

Nonostante tutto, larga parte dell’Irlanda sembra decisa a rivendicare la sua tradizione di accoglienza e inclusività. A partire da inizio gennaio, infatti, i raduni della destra sono stati accompagnati da contro-manifestazioni della popolazione locale e di varie forze della sinistra irlandese. Il culmine di questa azione di contenimento è atteso questo sabato con una marcia in sostegno dei rifugiati indetta dagli organizzatori delle comunità locali insieme ad alcuni partiti politici della sinistra radicale, con il coinvolgimento dei sindacati, di varie associazioni contro il razzismo, e di altre compagini della società civile. Sono attese migliaia di partecipanti.