Da ieri Saskia Esken e Norbert Walter-Borjans sono a tutti gli effetti i due nuovi co-segretari della Spd. Lo hanno stabilito in via definitiva i 600 delegati del congresso riuniti al City Cube di Berlino, che hanno replicato l’esito delle primarie di sabato scorso.

La deputata della Parlamentarische Linke (corrente di sinistra fondata nel 1972) ha conquistato il 75,9 % dei voti, mentre l’ex ministro delle finanze del Nordreno-Vestfalia ha raggiunto quota 89,2 %.

Non solo una pura formalità del voto degli iscritti, piuttosto piena adesione alla linea ora non più di minoranza né soggetta alle concessioni del “vecchio estabilishment” socialdemocratico.

«Voglio condizioni svedesi nel mercato del lavoro tedesco» scandisce Esken dal palco mai così rosso, raccogliendo la standing ovation dei rappresentanti dei Land. «Se il debito-zero ostacola il futuro dei nostri figli, allora è sbagliato e si deve cancellare. Non è la democrazia a dovere essere subordinata ai mercati ma viceversa» fa eco Walter-Borjans, seguito da tre minuti di applausi ininterrotti. Prima dell’avvertimento agli avversari politici: «Non abbiamo paura dei radicali di destra, degli “animali grossi” né della verità». E dopo ben 30 interventi dei delegati, contingentati a tre minuti ciascuno, più o meno a favore della nuovo corso.

SE L’USCITA dalla Grande coalizione con Merkel è stata esclusa con il respingimento dell’apposita mozione e dal voto «per avviare in tempi brevi negoziati con l’Union su salario minimo, investimenti e misure per clima», la svolta a sinistra della Spd è palpabile dalla semantica opposta alla «responsabilità di governo» ereditata dai predecessori.

Oltre che dalla lettera-aperta inviata ieri ai delegati da Fridays for Future-Deutschland con cui gli attivisti ricordano ai socialdemocratici la loro “ultima-chiamata”: «Rinegoziare subito il pacchetto sul clima con Cdu e Csu. In caso di incertezza, il futuro dell’alleanza dovrà essere messo in discussione».

Abbastanza perché il quotidiano conservatore Die Welt sentenzi: «I nuovi co-segretari Spd vivono nel secolo passato». Con Annegret Kramp-Karrenbauer, segretaria della Cdu, costretta a incassare il No al ricatto «riforma delle pensioni in cambio della permanenza della Spd nella GroKo» direttamente dalla nuova, scomoda, “collega” di maggioranza: «È irrispettoso. Non è così che si tratta» ammonisce Saskia Esken.

IN ATTESA DELL’ELEZIONE dopo le 20 dei 5 vice-presidenti tra il ministro del lavoro, Hubertus Heil, Kevin Kühnert (leader degli Juso, i Giovani socialisti), la deputata del Brandeburgo, Klara Geywitz (candidata perdente con il vice-cancelliere Olaf Scholz al ballottaggio) la presidente della Spd della Saar, Anke Rehlinger, e la deputata dello Schleswig-Holstein, Serpil Midyatli. Ascoltando gli interventi per una volta di rottura; non solo di Kühnert che comunque avverte: «Non si può andare avanti così» come del resto certifica il 14% rilevato negli ultimi sondaggi.

EPPURE IL MINISTRO delle finanze Scholz, uscito con il potere dimezzato dal voto degli iscritti, dopo le congratulazioni di rito ai nuovi segretari più l’assicurazione di «sostegno dell’intero partito» ribadisce che la GroKo resta il luogo deputato per le istanze della sinistra Spd. Per esempio, «un obiettivo importante su cui dobbiamo fare progressi è la riduzione del debito di molti Comuni, per renderli in grado poter espletare le loro funzioni» spiega il vice-cancelliere.

Troppo poco rispetto al salario minimo a 12 euro e alla svolta sul clima chiesta anche dai Fridays For Future cui risponde, con figura retorica, la ministra Spd dell’Ambiente Svenja Schulze: «Sul Klimapaket abbiamo ancora molto da fare. Ma era solo il colpo di pistola della partenza, che ora dovrà essere estratta di nuovo per la corsa sulla lunga distanza. Per questo invito i delegati a sostenere la proposta-guida che prevede anche la rinegoziazione con Cdu-Csu per la maggiore protezione del clima».