È arrivata come un fulmine a ciel plumbeo la notizia che da giorni sta agitando i Balcani e i vertici dell’Ue. Il pomo della discordia è un documento informale che suggerirebbe una “ridefinizione dei confini” nella regione per “portare a termine la dissoluzione della Jugoslavia”. Una Grande Albania, una Grande Serbia, una “dissoluzione pacifica” della Bosnia-Erzegovina, divisa tra Belgrado e Zagabria, di cui resterebbe una piccola enclave a maggioranza musulmana.

Il documento, pubblicato nei giorni scorsi dal portale necenzurirano.si con sede a Lubiana, è stato attribuito al premier sloveno, Janez Jansa, e al suo entourage. Si tratterebbe di un ‘non-paper’ sulle priorità della presidenza slovena del Consiglio dell’Ue, che verrà assunta da Lubiana a luglio. Secondo il portale Politicki.ba, il primo a darne notizia, il documento sarebbe stato consegnato a febbraio al presidente del Consiglio europeo, Charles Michel.

Secca la smentita di Jansa: la pubblicazione del documento sarebbe per il premier sloveno solo una manovra per gettare discredito sulla Slovenia. Da Bruxelles arrivano invece versioni divergenti: se il portavoce dell’Alto Rappresentante Ue, Josep Borrell, ha chiaramente detto di non esserne a conoscenza, la presidenza del Consiglio Ue ha prima confermato al quotidiano sloveno Delo di aver ricevuto il documento, per poi fare marcia indietro qualche ora dopo: nessuna conferma, nessuna smentita.

Il caso però è esploso. Il membro croato della presidenza bosniaca, Zeljko Komsic, ha raccontato che durante una visita a Sarajevo nel marzo scorso, il capo di Stato sloveno, Borut Pahor, ha chiesto ai tre esponenti della presidenza bosniaca se ritenessero possibile una “divisione pacifica” della Bosnia-Erzegovina.

Komsic, che ha convocato l’ambasciatrice slovena a Sarajevo, Zorica Bukinac, ha poi aggiunto un altro tassello alla storia: in quell’occasione Pahor avrebbe riferito che in Ue si è fatta strada la convinzione che l’adesione degli Stati dei Balcani al club dei 27 potrebbe avvenire solo una volta completata la disgregazione della Jugoslavia.

Komsic ha poi affermato che quell’episodio, confermato da Pahor, è stato uno dei motivi che lo hanno spinto a inviare a Bruxelles un documento sulla situazione in Bosnia-Erzegovina e sulle ingerenze straniere che ne mettono a repentaglio l’integrità territoriale. Da ultimo è stato il premier albanese, Edi Rama, a confermare l’esistenza di una mappa che ridisegna i Balcani.

Sulla questione è intervenuto anche il ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov, che ha parlato di “gioco pericoloso”, definendo “inaccettabile” la proposta di creare una Grande Albania per risolvere la questione del Kosovo, ed eludendo il tema speculare della Grande Serbia.

D’altronde, che ci fossero tentativi di rimettere mano ai confini nella regione era evidente da anni.  Se la riproposizione di idee nazionaliste, le stesse che hanno infiammato i Balcani negli anni Novanta, è finora rimasta lettera morta è stato per la strenua opposizione della cancelliera tedesca, Angela Merkel. Ma la sua uscita di scena nel futuro prossimo e il ritorno di Washington nella regione, una priorità per l’amministrazione Biden, potrebbero rimescolare le carte. Le prime avvisaglie non lasciano ben presagire.