Che la corda, in Venezuela, rischi da un momento all’altro di spezzarsi, il governo Maduro ne è più che consapevole. Ed è nel tentativo di dare una risposta al crescente scontento sociale che il presidente ha messo a punto un pacchetto di misure economiche destinato, nelle sue intenzioni, a mettere fine alla cosiddetta «guerra economica».

L’offensiva ha preso ieri il via dalla riforma monetaria, con la sostituzione del bolívar forte attualmente in circolazione con il bolívar sovrano, che avrà cinque zeri in meno del precedente. La nuova valuta sarà strettamente collegata alla criptomoneta creata dal governo all’inizio dell’anno, il petro, che, garantito dalle riserve petrolifere del Paese, avrà un valore di 3.600 bolívar sovrani.

Ad accompagnare la riforma monetaria, definita da Maduro l’avvio di «un grande processo storico di ripresa economica», saranno diversi altri provvedimenti, a cominciare dal già annunciato aumento (del 3000%) del salario minimo, indicizzato al valore del petro e fissato a 1.800 bolívar sovrani, per un valore 34 volte superiore a quello precedente.

Già da oggi verranno invece fissati i nuovi prezzi di una cinquantina di prodotti alimentari e di igiene personale, nel tentativo di fermare l’aumento incontrollato del costo dei beni essenziali e sostenere il potere d’acquisto della popolazione.

Ma non è tutto. Il pacchetto di misure economiche predisposto dal governo prevede anche la flessibilizzazione del controllo del cambio per incentivare gli investimenti stranieri; l’eliminazione delle imposte alle importazioni (beni di capitale e materie prime) allo scopo di riattivare l’apparato produttivo (con il rischio però che si traduca in un nuovo trasferimento di reddito al settore privato); l’aumento dell’Iva dal 12% attuale al 16%; una tassa fino al 2% sulle grandi transazioni finanziarie; l’attuazione di un rigido programma di disciplina fiscale, eliminando definitivamente l’emissione di denaro speculativo a favore della «creazione di denaro rivolto alla produzione di ricchezza, petrolio, oro e turismo».

E, infine, la vendita della benzina, a oggi la più economica al mondo, «a un prezzo internazionale, per fermare il contrabbando verso la Colombia e i Caraibi», considerando come in Venezuela si perdano ogni anno 18 miliardi di dollari a causa del contrabbando di idrocarburi a opera di mafie che operano alla frontiera con la Colombia.

La popolazione potrà tuttavia contare, per due anni, su un sistema di sussidio diretto attraverso il «carnet della patria», la tessera che dà diritto a pacchi di viveri e ad altri benefici sociali, definita dall’opposizione come uno strumento di controllo e di ricatto nei confronti di un popolo ridotto alla fame.

«Mi aspetto – ha dichiarato il presidente – che al massimo in 24 mesi si risolva l’anomalia creata nel corso di molti anni, durante i quali la benzina venezuelana è stata praticamente regalata».

Sulle misure annunciate dal governo, contro cui l’opposizione ha annunciato per oggi uno sciopero nazionale, restano tuttavia diversi interrogativi, in particolare sulla loro efficacia rispetto a un’inflazione che dovrebbe arrivare a toccare, entro la fine del 2018, la quota-record del 1.000.000%.

«Le riserve petrolifere su cui si basa il petro – sostiene per esempio il sociologo Edgardo Lander, esponente di punta dell’opposizione di sinistra – hanno effettivamente valore solo se il petrolio può essere estratto dal sottosuolo, e per farlo il governo non dispone delle necessarie risorse finanziarie. Non si tratterà per caso di un primo passo verso la privatizzazione non solo di queste riserve, ma dell’insieme dell’industria petrolifera?»

Dure critiche sono state espresse anche dalla Plataforma Ciudadana en Defensa de la Constitución Bolivariana (di cui fanno parte ex ministri di Chávez e personalità della politica e della cultura) che, evidenziando il carattere neoliberista dei provvedimenti di Maduro, chiede invece un audit sul debito, una politica di rientro dei capitali sottratti al Paese a causa della corruzione e misure di effettivo incremento della produzione agricola e industriale, considerate necessarie per un vero programma di ripresa economica.