Quando Jair Bolsonaro era già a Pisa, a farsi un selfie sotto la Torre Pendente con una rider sua connazionale prima di ripartire per il Brasile, Matteo Salvini continuava a chiedersi dove fossero finiti i (presunti) alleati di un centrodestra ancora una volta plasticamente diviso. Al di là delle giustificazioni ufficiali, che vedevano il sindaco fratello d’Italia Alessandro Tomasi a Firenze per un incontro con Eugenio Giani, e la sempre dinamica vicesindaca forzista Anna Maria Celesti colta da un’improvvisa influenza, la risposta era tutta nelle parole con cui il vescovo Tardelli aveva bollato, in anticipo, l’avvenimento del giorno: “La commemorazione dei defunti è una particolare opera di misericordia dei cristiani, e non può né deve essere oggetto di odiose strumentalizzazioni da parte di qualsiasi parte politica”. E sia Tomasi che Celesti sono cristiani devoti, che hanno seguito la dichiarata diserzione del loro vescovo alla cerimonia.
Questo Salvini lo sapeva. E se non fosse sempre più distaccato dalla realtà avrebbe anche potuto, e dovuto, immaginare che la sua giornata pistoiese sarebbe andata a finire male. Così, mentre il leader della Lega si affidava a parole di circostanza (“Bolsonaro è un capo di Stato venuto a omaggiare i suoi caduti morti per la libertà degli italiani, mi sarebbe piaciuto che tutti intervenissero a questa importante ricorrenza”), ricevendo un cambio un silenzio glaciale da Fdi e Fi, le uniche notizie che gli arrivavano sullo smartphone erano quelle sul nuovo libro di Bruno Vespa, a cui Giancarlo Giorgetti ha confidato di sognare la Lega nei Popolari europei, notoriamente durissimi con il più che discusso presidente brasiliano.
Intanto in piazza del Duomo facevano la loro bella figura le 250-300 persone che animavano il presidio di protesta contro Bolsonaro (e Salvini). In prima fila l’associazione Palomar dell’ex sindaco Bertinelli, poi la sinistra cittadina in tutte le sue declinazioni, l’Arci, Libera e altre realtà più piccole dell’associazionismo cittadino. “Una bella giornata di antifascismo”, ha tirato le somme Ivano Bechini di Rifondazione comunista. Mentre le telecamere dei media nazionali, impegnate nel dar conto sia della commemorazione al cimitero di San Rocco che delle proteste cittadine, fotografavano una situazione di assoluta tranquillità per una manifestazione corroborata anche dalle parole del Pd (“La presenza di Bolsonaro a Pistoia è un’offesa alla città”), e dei 5 Stelle (“Quella di Bolsonaro è stata una visita indigesta”).
Nel pomeriggio infine c’è stata la seconda manifestazione, quella organizzata da Anpi, Cgil e ancora Arci e Libera, ancor più partecipata – ai manifestanti del mattino si sono aggiunti quelli più “moderati”, dem e pentastellati di fede contiana – e al tempo stesso più istituzionale. Perché al cimitero di San Rocco, dove sorge il monumento votivo in memoria dei 462 soldati brasiliani che hanno perso la vita combattendo sulla Linea Gotica tra l’ottobre del ’44 e la primavera del ’45, ogni anno i pistoiesi si raccolgono per ricordare e ringraziare, in silenzio, quei ragazzi di vent’anni catapultati in un altro continente per contribuire, con la loro vita, alla sconfitta del nazifascismo. E se la trentina di emigrati brasiliani che al mattino avevano applaudito l’arrivo di Bolsonaro, cantando l’inno e sventolando bandiere del loro paese, potevano avere qualche attenuante, Salvini e i leghisti cittadini che lo accompagnavano non ne avevano una che una, nonostante la difesa d’ufficio che il Carroccio ha poi affidato al governatore veneto Luca Zaia.