Già mi paralizza l’idea di scrivere per ricordarti, soprattutto pensare che non vedrò più quel sorriso ironico la vivacità dei tuoi occhi. Cinquantadue anni in cui ho condiviso con te amicizia, ideali, passioni, gioie e inevitabili dolori sono tantissimi, ma l’idea che non ne seguiranno altri mi risulta inaccettabile, non assumibile neanche a me che sono un romagnolo della Vergine e quindi guidato da una razionalità spesso alcolica.

Che dire di Filippo? É stato un mio grande amico, una persona con cui stavo bene, mi dava gioia vederlo, discutere, progettare, scherzare soprattutto darci una mano quando arrivavano i momenti duri della vita.
Un’amicizia resa possibile per l’essere stati compagni di quel viaggio avventuroso ed affascinante che è stato il Manifesto, un movimento politico comunista che si è raccolto prima attorno a una rivista mensile e poi che fondò un suo giornale quotidiano che ancora oggi ogni giorno è in edicola continuando a definirsi quotidiano comunista.

Molte cose sono cambiate da allora, ma sempre ci siamo detti che ne è valsa la pena essere parte di quella impresa collettiva, che non era fuori dalla realtà tentare di convincere l’intero movimento operaio italiano e il Pci in particolare a rifondarsi, spostarsi a sinistra pensare che un altro comunismo era ed è possibile, assumersi la responsabilità di convincere la popolazione a realizzarlo.

Soprattutto oggi che i fascisti sono al governo e in ognuno dei piccoli frammenti in cui si è divisa la sinistra ci si sente impotenti ad arginarli. Eri una persona curiosa, non dogmatica, ti stuzzicava discutere di ambientalismo. Una sera dopo un’animata discussione sulla riconversione ecologica dell’economia mi rimproverasti «è la società e non l’economia da riconvertire» se no caro Massimo ci si illude di poter insegnare ai padroni quello che devono fare. E che dire delle tue discussioni con Marina e le sue amiche sul femminismo, come dimenticarsi di quel pomeriggio nella casa di Rossana a Parigi quando ti azzuffavi con Marina sulla gestazione per altri e Rossana ti zittì dicendo: «Cosa vuoi spiegarci tu di maternità che sei un uomo?!».

Ci piaceva stare insieme. In fondo la sicurezza che saremmo diventati amici nacque quando nel 70’ sul maggiolino andammo a Verbania a sostenere la lotta dei lavoratori della Rodiatoce e fummo tamponati a Stresa. Ti piaceva viaggiare e spesso prendevi la direzione di dove avevo spostato la mia vita al punto che quando sono andato a vivere nell’isola canaria di Fuerteventura, venivi a trovarmi e ripetevi a me e Marina che la stanza in cui dormivi era la tua e non quello degli ospiti.

Nei nostri incontri non c’era solo nostalgia del passato, ma una gran voglia di continuare a pensare al futuro, trovare idee utili e soprattutto convincenti all’idea del cambiamento. Non ti sei mai rassegnato alla sconfitta e soprattutto alla divisione fra le compagne e compagni del cosiddetto gruppo storico fondatore del Manifesto.

Molti non sanno che fosti tu a progettare la seconda rivista del Manifesto, La pensasti e proponesti proprio nella sala della tua casa. È forse uno dei rari momenti i cui la sinistra comunista italiana ha lavorato per oltre un anno insieme. Solo te caro Filippo potevi convincere il gruppo storico del Manifesto di cui eri parte con il resto della sinistra comunista. Che fantastica immagine quelle riunioni di redazione con te Rossana, Lucio, Luigi, Luciana Valentino, insieme a Ingrao, Tortorella, Chiarante Aresta Santostasi, Bertinotti. Ciao caro Filippo