Nella legge finanziaria sono in ballo emendamenti che si stanno approntando in Parlamento, per sanare la grave situazione debitoria di importanti comuni italiani come Torino, Reggio Calabria, Palermo, Napoli. Il caso di Napoli è quello di cui più si parla per la portata del debito (circa 5 miliardi) e perché il nuovo sindaco della città, Gaetano Manfredi, al momento della candidatura condizionò il suo impegno personale alla risoluzione definitiva da parte dei partiti nazionali di questo vero e proprio vulnus che grava sulla città da decenni (con Antonio Bassolino eletto sindaco, nel 1993, la città era già sull’orlo del dissesto finanziario). Proviamo a spiegarne le cause strutturali, cercando di capire quali quali sono i possibili rimedi per non dover ricorrere in futuro a operazioni di salvataggio emergenziale.

Iniziamo dal Ddl Concorrenza di recente approvato dal governo. L’art. 6 prescrive agli enti locali di doversi giustificare quando compiono il proprio dovere di fornire direttamente servizi essenziali – come trasporti, acqua, mense scolastiche, etc. È assolto, invece, il criterio della competizione economica. I privati possono partecipare all’affidamento di qualsiasi servizio, anche essenziale, e le aziende pubbliche, speciali o partecipate, sono costrette a battagliare su un campo completamente asimmetrico.

Difficile pensare che l’Azienda napoletana mobilità (Anm), per fare il caso Napoli, possa effettivamente concorrere su “libero mercato” con la multinazionale francese Veolia per l’affidamento del trasporto su gomma. Date le condizioni di partenza delle partecipate comunali, il Ddl Concorrenza anticipa la totale privatizzazione di ampi settori di servizi al fine di migliorare le casse comunali e alleggerire la macchina pubblica, secondo il mantra “più efficienza meno costi”.

L’altro asse è il Patrimonio. Qualche settimana fa il sindaco Manfredi ha affidato la delega al Patrimonio all’assessorato al Bilancio. In linea con quanto stiamo descrivendo: la vendita del patrimonio a contropartita del debito per risanare i conti. Si vendono i “gioielli di famiglia”. L’operazione molto probabilmente verrà fatta come spesso è avvenuto nelle città di tutta Italia: con privati e aziende e in gran parte con Cassa Depositi e Prestiti (Cdp), lasciando nelle mani di Invitalia i piani di investimento sugli spazi pubblici.

Certamente questo comporterebbe un impoverimento della fruizione degli spazi pubblici, culturali e di socialità. La vendita brucia il valore in una fiammata, mentre lo stesso valore potrebbe essere moltiplicato affidandosi alle buone pratiche di gestione ad alto impatto sociale, come previsto dalla riforma del Terzo Settore, dai Regolamenti di amministrazione condivisa dei beni comuni e, non da ultimo, dall’uso civico e collettivo urbano, nato proprio nella città di Napoli e riprodotto ora nel Regolamento di Padova sui beni comuni.

L’esperienza internazionale dimostra che il privato non migliora e non rende efficiente con la bacchetta magica servizi pubblici che versano in condizioni comatose. Certamente le casse comunali ne giovano ma ancora una volta a spese della città e dei suoi abitanti, di chi non può permettersi di pagare un servizio o uno spazio a canoni di mercato.

Facendo tesoro dei lavori della Consulta di Audit sul debito, una riforma non è più rinviabile, c’è bisogno di superare l’art. 81 cost. del 2012 che impone il pareggio di bilancio anche agli Enti Locali. La partita dei derivati con gli Enti Locali e la stagione dei Commissariamenti va posta in capo allo Stato per un suo risanamento; va ripubblicizzata Cassa Depositi e Prestiti (attualmente società per azioni parzialmente in mano privata), che, soprattutto con i Comuni affamati del sud, applica condizioni fuori mercato sui mutui così che la rata annuale renda impossibile qualsiasi capacità di spesa. Il Decreto attuativo del Dl 162/2019, art. 39, già prevede il trasferimento allo Stato dei mutui in essere con Cdp, ma deve essere pretesa a gran voce dagli Enti Locali senza dover però concedere a Cdp contropartite sulla gestione del Patrimonio. Pubblico non vuol dire inefficienza, pubblico deve poter significare aperto, democratico e utile a chi abita la città e il territorio dove ha deciso di vivere.

Gli autori fanno parte della consulta pubblica di audit sulle risorse e sul debito della Città di Napoli