Oltre mille tombe senza nome, lungo le rotte che conducono i migranti in Europa. Corpi privati di ogni identità, seppelliti con un numero o una X, alle Canarie, lungo le coste andaluse, a Lampedusa, sulle isole greche, ai confini tra i paesi balcanici o quelli con la Bielorussia. È la mappa di chi non è riuscito a sopravvivere ai confini disegnata da una lunga inchiesta di The Guardian. «Ma è solo la punta dell’iceberg», avvisa il quotidiano britannico.

C’è un vuoto normativo intorno ai cadaveri dei cittadini stranieri che riemergono dal mare o sono ritrovati a terra, mancano dei database comuni per le identificazioni. Nonostante le tante richieste pervenute nel tempo da varie associazioni, dai due lati del Mediterraneo. Il problema è «completamente trascurato» ha dichiarato la commissaria per i diritti umani del Consiglio d’Europa Dunja Mijatovic.

Così nelle famiglie dei migranti scomparsi si alimenta una nuova e continua sofferenza. «È come morire ogni giorno», ha confessato ai reporter britannici Sabah al-Joury. Il figlio della donna siriana era a bordo di un barcone naufragato nell’ottobre 2013: il corpo non è mai stato trovato.