«Dice il governo che così diminuiranno le partenze, ma non è vero: la gente continuerà a partire sempre, come può. Saranno gli arrivi a ridursi e il saldo sarà quello, insostenibile, di altre vittime in mare». Chi al Mediterraneo ha dedicato lavoro e passione non fatica a vedere in anticipo gli esiti più nefasti del decreto anti-Ong voluto dal Viminale. Il breve commento è dell’ammiraglio in congedo Vittorio Alessandro, 31 anni nella guardia costiera e ora componente del comitato per il diritto al soccorso. In attesa di leggere il testo definitivo pubblicato in Gazzetta ufficiale cattolici, Ong e rappresentanti dell’opposizione attaccano duramente la misura.

«QUESTO DECRETO cadrà presto, è costruito sul nulla, soprattutto su un segnale di insicurezza che è fasullo», dice l’arcivescovo Gian Carlo Perego, presidente di fondazione Migrantes e commissione Cei per la Migrazione. Per il governo è un attacco atteso, ma non indolore. Nell’intervista a Vatican News Perego ribalta radicalmente il piano narrativo delle destre, definendo le Ong uno strumento di sicurezza per almeno il 10% di chi sbarca in Italia e denunciando come a fronte di nuovi limiti ai soccorsi manchi completamente un impegno delle istituzioni.

«IL PROVVEDIMENTO farà aumentare morti in mare e respingimenti in Libia», accusa Emergency, da poco tornata nel Mediterraneo con la nave Life Support. Secondo l’Ong fondata da Gino Strada il governo limita drasticamente le attività di soccorso e moltiplica i costi delle missioni. Intanto Medici senza frontiere annuncia che tra oggi e Capodanno la sua nave ripartirà per la ventunesima missione. Le due organizzazioni vivono momenti difficili anche nell’Afghanistan dei talebani, nonostante non rientrino espressamente nella legge che vieta alle donne di lavorare per le Ong. Anche lì, comunque, hanno annunciato che non abbandoneranno il campo.

DURISSIME le considerazioni dei legali di Sea-Eye: «L’Italia interferisce pesantemente e senza alcun fondamento nel diritto internazionale con la libertà di navigazione della Germania», afferma Valentin Schatz, giurista della Università di Lüneburg e membro del team giuridico di Sea-Eye. Secondo l’avvocato l’Italia può regolamentare i soccorsi solo nelle sue acque territoriali e non in alto mare su navi che non rientrano nella sua giurisdizione. L’Ong annuncia che non seguirà alcun codice di condotta o direttiva amministrativa contraria al diritto internazionale o alle leggi dello Stato di bandiera tedesco. E proprio alla Germania rivolge l’appello di tutelare le organizzazioni umanitarie.

«IL DECRETO segna la sconfitta di porti chiusi, blocco navale e sbarchi selettivi, cioè della peggior propaganda – sintetizza Luca Casarini di Mediterranea – Ma il governo invece di promuovere la cooperazione per salvare quante più vite possibile attacca il soccorso civile». I senatori Pd Graziano Delrio e Antonio Nicita si dicono «sconcertati» da un provvedimento che viola i trattati internazionali, ostacola l’obbligo di salvare vite, criminalizza le Ong e viene approvato nonostante manchino completamente le ragioni per una decretazione d’urgenza. «Norme illegali da chi porta un carico residuale di odio e razzismo», taglia corto Nicola Fratoianni (Verdi Sinistra). Per Riccardo Magi (+Europa) i decreti del governo su rave e Ong sono «da Stato di polizia».

ESULTANO INVECE dai banchi delle destre. Per la premier Giorgia Meloni il provvedimento «serve a far rispettare il diritto internazionale alle Ong». «Andava dato un segnale di fermezza», dichiara Maurizio Gasparri (Fi) secondo il quale le navi umanitarie sono «centri sociali del mare che svolgono una funzione di supporto ai trafficanti». Mentre per il sottosegretario all’Interno Emanuele Prisco «la madre di tutte le battaglie è fermare le partenze». Per lavorare in questa direzione mercoledì una delegazione italiana è volata a Tripoli, incontrando il sottosegretario agli interni del governo di unità nazionale Emad Trabelsi. A guidarla, si vede nelle foto pubblicate dai libici, il capo della polizia Lamberto Giannini.

IERI, SENZA ONG in mare, Alarm Phone ha segnalato tre barconi in pericolo nelle zone Sar italiana e maltese con 500, 98 e 45 persone. E a Lampedusa c’è stata una raffica di sbarchi: quasi 1.500 i migranti nell’hotspot.