Nel processo d’appello per l’omicidio di Stefano Cucchi il procuratore generale di Roma Roberto Cavallone ha chiesto di aumentare le condanne dei carabinieri coinvolti, escludendo le attenuanti generiche riconosciute in primo grado. Da 12 a 13 anni di reclusione per gli agenti Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro, ritenuti responsabili di omicidio preterintenzionale. Da 3 anni e mezzo a 4 e mezzo per Roberto Mandolini, l’allora comandante della stazione Appia che secondo i giudici falsificò il verbale d’arresto del ragazzo.

Nei confronti del militare Francesco Tedesco, invece, Cavallone ha chiesto l’assoluzione perché il fatto non costituisce reato. Quest’ultimo aveva assistito al pestaggio avvenuto nella caserma di via Casilina, decidendo nel 2018 di rompere il silenzio e testimoniare contro i suoi colleghi. Grazie alle sue dichiarazioni è stato possibile fare luce su ciò che è accaduto.

Cucchi morì a 31 anni nel reparto detenuti dell’ospedale Sandro Pertini, a Roma. Era il 22 ottobre 2009 e il ragazzo si trovava in custodia cautelare dopo l’arresto avvenuto una settimana prima per possesso di piccole quantità di stupefacenti. Era stato violentemente picchiato dai carabinieri.

«Se siete in grado di dire che senza quel pestaggio Cucchi non sarebbe morto, allora il reato di omicidio preterintenzionale non c’è. Ma io non credo che siate in grado di dirlo», ha sostenuto il procuratore. E ha aggiunto: «In questa storia abbiamo perso tutti. Nessuno ha fatto una bella figura. Stefano Cucchi quel giorno doveva andare in ospedale e non in carcere. Credo che nel nostro lavoro serva più attenzione alle persone piuttosto che alle carte che abbiamo davanti. Dietro le carte c’è la vita delle persone. Quanta violenza siamo disposti a nascondere ai nostri occhi da parte dello Stato senza farci problemi di coscienza? Quanto è giustificabile l’uso della forza in certe condizioni?».

Durante la requisitoria d’accusa Cavallone ha anche ricordato Federico Aldrovandi, studente ucciso ad appena 18 anni durante un fermo di polizia il 25 settembre 2005 a Ferrara.

Ilaria Cucchi, l’instancabile sorella di Stefano che dal giorno dell’omicidio del fratello non ha smesso di battersi per ottenere giustizia, ha commentato così: «È stata una giornata molto emozionante, commovente. Io credo che di fronte a fatti del genere non possano esistere attenuanti, non c’è nulla che possa giustificare tanta violenza gratuita».

L’udienza in Corte d’assise è stata aggiornata al 22 gennaio prossimo. In quella sede ci saranno gli interventi delle parti civili.