Quasi fermo al largo delle isole Baleari. Il cargo saudita Bahri Yanbu con il suo carico di armi per la guerra in Yemen rallenta ogni giorno la sua velocità di rotta verso l’Italia, dopo lo scalo tecnico a Santander. Le ultime stime procrastinano l’arrivo a Genova alle 10 di lunedì mattina: due giorni in più rispetto alle previsioni iniziali.

È L’EFFETTO DEL BOICOTTAGGIO dei camalli e delle proteste associazioni per il disarmo che ieri pomeriggio insieme hanno tenuto una affollatissima assemblea pubblica alla Sala Chiamata del porto, una lunga discussione su come affrontare il permesso di attracco che le autorità portuali di Genova sembrano voler accordare basandosi sull’assunto che la nave non trasporta armi e che non ne sarebbero caricate nel porto ligure.

Una assemblea durata più di due ore che ha confermato la linea di boicottaggio della nave in caso di presenza di armi, fissando un presidio per lunedì e controlli scrupolosi e annunciando «lo sciopero se non ci hanno detto il vero».

«Lunedì mattina quando arriverà la nave e vedremo il «manifesto di carico» (il documento che deve elencare il materiale trasportato, ma non è detto che sia veritiero, ndr) sapremo se è vero che la nave non caricherà armi ma merci varie. Manderemo le squadre con nostri delegati per verificare se è effettivamente così. In caso contrario, anche se si trattasse di proiettili vuoti, sarà sciopero. Noi diamo un segnale: a Genova il porto resta chiuso alle armi», ha fatto la sintesi Antonio Benvenuti, console della Compagnia unica dei portuali.

L’idea lanciata dal delegato Luigi Cianci è quella di «un presidio ai varchi portuali o sotto la prefettura». All’assemblea sono intervenuti, oltre ai portuali, rappresentanti di partiti e associazioni. Accolto da un grande applauso l’intervento di Bruno Rossi, portuale in pensione che ha ricordato le battaglie in porto contro la guerra in Vietnam: «È importante che qualcuno abbia deciso che qui deve cominciare una battaglia che prosegua il nostro impegno per fermare le guerre e schierarci dalla parte dei poveri», ha detto. Luca Franza, altro delegato ha ricordato che «sono 4 anni che la nave tocca questo porto, 98 carri armati sono arrivati. L’intento è quello di trovare una risposta politica a quello che sta accadendo».

IN MATTINATA IL RITARDO della nave aveva alimentato voci di un possibile scalo non ufficialmente programmato a Cagliari. In Sardegna infatti ha sede la Rwm Italia che produce bombe piena di ordini per i Sauditi. Anche qui in modo preventivo i sindacati hanno fatto sentire la loro voce: «Navi cariche di guerra non sono le benvenute nei nostri porti, se il cargo saudita chiedesse di attraccare a Cagliari organizzeremmo sicuramente qualcosa di forte», annuncia Massimiliana Tocco, segretaria della Filt Cgil di Cagliari.

In queste ore si è scoperto che la compagnia saudita – Bahri è l’acronimo tradotto di compagnia navale nazionale dell’Arabia saudita – ha fatto carichi molte volte nei porti italiani, a Cagliari soprattutto. «In tutte le altre occasioni queste cose sono sempre state fatte nel massimo riserbo», spiega Massimiliana Tocco.

La novità è infatti la mobilitazione preventiva dei lavoratori. Partita in Francia a Le Havre, dove la nave saudita non è potuta attraccare e caricare cannoni, si è allargata a tutta Italia rendendo complicato il compito dell’armatore e degli agenti che lo appoggiano nei vari porti italiani.

La Bahri Yanbu le armi le ha caricate verosimilmente in Olanda e munizioni ad Anversa. Ma ora nessuna autorità conferma la presenza a bordo.

ALLA CAPITANERIA DI PORTO di Genova è arrivata la richiesta d’accosto. «Aspettiamo di sapere se in banchina c’è posto», spiegano i dirigenti con evidente imbarazzo. Sono ben 35 anni che la compagnia saudita Bahri fa servizio a Genova. E secondo l’agenzia Delta che rappresenta la compagnia non ha mai caricato merce militare, solo impiantistica e rotabili. La Delta sta fornendo alla Prefettura la documentazione. Sulla veridicità di questo documento si giocherà tutto.