Nell’illustrare il giro di vite contro i rave party varato ieri dal consiglio dei ministri, Matteo Piantedosi ha spiegato così la scelta, a dir poco inusuale vista il tema trattato, di procedere con un decreto: «Ravvisavamo i requisiti di necessità e urgenza nel fatto che, probabilmente, l’assenza di una disciplina normativa efficace nel nostro Paese ci rendeva particolarmente vulnerabili, come la cronaca degli ultimi anni testimonia». Bisogna vedere adesso se le spiegazioni fornite dal ministro dell’Interno saranno sufficienti a convincere il presidente della Repubblica a firmare il provvedimento. Ieri, come consuetudine, dal Quirinale non è arrivato nessun commento alle prime misure adottate dal governo Meloni ma c’è da scommettere che vengono studiate con molte attenzione.

Del resto è difficile parlare dei rave party come se se ne organizzasse uno a settimana, tanto da giustificare la procedure d’urgenza. Prima del raduno di Modena, che tra l’altro si è concluso senza incidenti al termine di una trattativa con i circa quattromila giovani presenti, ce n’era stato uno grande ad agosto 2021 a Viterbo dove purtroppo si sono registrate anche due vittime. Evento drammatico, ma pur sempre accaduto un anno fa. Così come appare difficile credere che qualche centinaio di ragazzi possa davvero destare maggiori preoccupazioni dei quasi duemila nostalgici del fascismo che neglii stessi giorni del rave si sono visti a Predappio per celebrare i 100 anni della Marcia su Roma. «Sono cose completamente diverse», si è giustificato il ministro con chi gli chiedeva conto – come hanno fatto Pd e M5S – della differenza di trattamento tra le due situazioni: «Predappio è una manifestazione che si svolge da molti anni, è una cosa diversa. Sul rave party c’era la denuncia del proprietario».

Vediamo, quindi, in cosa consiste la linea dura che il governo di centrodestra vuole adottare contro le maratone danzanti. La novità principale è l’introduzione di una nuova fattispecie di reato: «Invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica». Gli organizzatori di questi eventi, se vi partecipano più di 50 persone, rischiano una condanna da tre a sei anni e una multa compresa tra i 1.000 e i 10.000 euro. Per prevenire i rave si potrà contare anche su uno strumento come le intercettazioni in modo da individuare prima, attraverso il controllo dei canali social, il luogo in cui si terrà l’evento. Un punto sul cui in consiglio dei ministri il vicepremier Antonio Tajani avrebbe sollevato più di un dubbio sulla possibilità di estendere troppo l’utilizzo di un simile strumento investigativo. Dubbi che sarebbero stati condivisi anche dalla premier Meloni, senza però arrivare a un ripensamento. Inoltre è previsto il sequestro dei mezzi – Tir, auto, van o quant’altro – e delle strumentazioni utilizzate per dar vita all’evento, così come, grazie a una modifica del codice antimafia, sarà possibile applicare la sorveglianza speciale agli indiziati dell’«invasione per raduni pericolosi».

Non mancano le preoccupazioni che le nuove norme possano alla fine essere utilizzate anche per limitare o addirittura vietare altri eventi o manifestazioni. A sollevare il dubbio è Andrea Orlando (Pd): «Va letta con molta attenzione la norma anti-rave – ha detto -. Al netto delle pene spropositate, potrebbe non valere solo per rave». Il deputato di +Europa Riccardo Magi chiede invece l’intervento del presidente Mattarella. «È un decreto per “mandare un segnale”, come ha detto la presidente Meloni e per fare qualcosa che il governo aveva già deciso di fare, ha precisato il ministro Piantedosi -a ha detto -. Per quanto la prassi in materia di decretazione d’urgenza ci ha ormai abituati a continue sgrammaticature, nel nostro ordinamento non è consentito usare la decretazione d’urgenza per mandare segnali. C’è da sperare in un intervento del presidente della Repubblica di fronte a un inizio così in contrasto con le prerogative costituzionali di un esecutivo».