Le due settimane concesse dai 27 capi di stato europei per trovare un accordo di massima sul coordinamento delle politiche economiche europee contro la pandemia da Covid 19 sono iniziate in salita. Lo si è visto ieri dal rinvio dal 5 al prossimo 7 aprile dell’Eurogruppo che dovrebbe trovare una mediazione nel gioco di veti incrociati tra il fronte del Nord (la Germania e i suoi satelliti olandesi o finlandesi) e il gruppo dei nove paesi, tra i quali l’Italia, che ha chiesto l’emissione di un titolo di debito comune definito «Coronabond». La situazione è congelata e si resta alla fotografia dello scontro di giovedì scorso: al momento l’Unione Europea non ha una risposta univoca contro la crisi, salvo la sospensione del «Patto di stabilità» e della norma che impedisce gli «aiuti di Stato».

CON REALISMO, il commissario Ue all’economia Paolo Gentiloni ha sgombrato ieri il campo da almeno due equivoci che sono serviti in questi giorni a rendere confuso l’approccio del governo italiano a un negoziato drammatico. Gentiloni ha detto che l’emissione di bond per «mutualizzare il debito non sarà mai accettata» dalla Germania e dai suoi alleati. Per questo è necessaria una proposta più ristretta e finalizzata ad «affrontare l’emergenza sanitaria» e a finanziare la proposta della Commissione Ue su un nuovo strumento di garanzia per la disoccupazione e un piano per il sostegno alle imprese». Anche sul Meccanismo europeo di stabilità (Mes o «Fondo Salva Stati») sul quale si è molto pasticciato nel dibattito italiano Gentiloni ha detto di non essere «ottimista». E ha suggerito di spostare «la discussione su come finanziamo i nostri obiettivi» e di «capovolgere la discussione» tenuta fino ad oggi. Sul tavolo esistono ipotesi diverse .

LA PIU’ ACCREDITATA ieri, tra l’altro dallo stesso Gentiloni, è stata quella di un rifinanziamento della Banca europea degli investimenti (Bei) guidata dal tedesco Werner Hoyerche che potrebbe avere «un ruolo soprattutto nel sostegno alle imprese». Su questa ipotesi a Bruxelles circolano voci su cifre importanti: il rifinanziamento di un entità secondaria, com’è oggi la Bei, potrebbe arrivare anche a mille o millecinquecento miliardi di euro. In questa cornice ci sarebbe anche la disponibilità della Banca Centrale Europea (Bce) a emettere un bond comune. Questa è una delle prospettive che potrebbe esentare la Bce da uno dei problemi sollevati anche al suo interno: la perdita dell’ indipendenza per finanziare le necessità fiscali degli Stati. Una simile attività assicurerebbe invece un limite agli acquisti dei titoli superiore alla quota del contributo fissato per ciascun paese. In ogni caso la Bce ha assicurato che il nuovo programma di acquisti dei titoli, denominato «Qe pandemico», potrà superare il limite.

LA «TERZA VIA» suggerita anche da Gentiloni potrebbe riscuotere un interesse nel riluttante governo di Angela Merkel a cui è stato affidato il ruolo tradizionale di trovare la sintesi in uno scontro dal quale si è tenuto fuori, limitandosi a inviare messaggi indiretti: quello della bocciatura dei «coronabond» fatta dalla presidente tedesca della Commissione Ue Ursula Von Der Leyen dopo un’iniziale apertura. Lo stesso ministro francese dell’economia Bruno Le Maire ha ipotizzato il ricorso a nuove misure a beneficio di tutti gli stati, presentandosi come mediatore tra il gruppo dei «nove», al quale partecipa la Francia, e la sfinge di Berlino.

LA PRIMA settimana delle trattative sembra così partire con un’ipotesi resa necessaria dopo un doppio rifiuto: quello di Italia o Spagna ad usare il «Mes» e essere assoggettate a vincoli di bilancio drammatici, e quello degli olandesi (dunque della Germania) a concedere una riforma di questo meccanismo, oltre che l’emissione di un titolo comune di debito. La strada verso il compromesso intergovernativo dove alla fine ciascuno resterà sulle proprie posizioni, cercando di dimostrare alle proprie opinioni pubbliche di avere vinto sul nazionalismo economici degli altri, è ancora lunga.