La legge che la Camera ha licenziato ieri con 317 sì, 40 voti contrari e 13 astensioni, passandola ora nelle mani del Senato, ha il solo vero merito di aver rotto il tabù dell’uso della cannabis, sia pur soltanto a scopo terapeutico, che non è ancora sradicato del tutto nella classe medica e persiste largamente tra i politici e nella burocrazia sanitaria italiana. Non nel resto del Paese.

INFATTI, LA DIFFICOLTÀ ad approvvigionarsi di farmaci cannabinoidi a causa della produzione limitata, più volte denunciate dalle Regioni provviste di una legge ad hoc, potrebbe non essere neppure intaccata, dato che il monopolio della preparazione e della distribuzione dei medicinali rimane saldamente nelle mani dello Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze. Tanto che nel provvedimento varato ieri alla Camera si mette in previsione anche, in caso di necessità, «l’importazione», (prevalentemente dall’Olanda) e «la coltivazione presso altri enti».

La coltivazione fai da te da parte dei pazienti è però assolutamente vietata. Sinistra italiana e M5S avrebbero voluto strappare almeno questa possibilità, ma come era già accaduto quando in commissione la prima parte del testo originario è stata accantonata, costringendo alle dimissioni il relatore Daniele Farina di Sel, il Pd si è tirato indietro.

Eppure, i deputati dem in buona parte avevano aderito al folto gruppo interparlamentare #CannabisLegale promosso dal sottosegretario Benedetto Della Vedova e avevano sottoscritto il testo base per la legalizzazione anche della marijuana da loisir (primo firmatario il renzian-radicale Roberto Giachetti). Ma era un tempo lontano dai calcoli elettorali. «Nulla da fare – attacca il M5S – il Pd e la sua strampalata maggioranza hanno eliminato la parte su coltivazione per uso personale e monopolio di Stato sulle vendite, tutto questo lasciando solo la parte terapeutica che il ministro Lorenzin con un decreto ministeriale poteva risolvere senza perdere ulteriore tempo».

In ogni caso la legge (che ha incassato il voto contrario di Lega, Forza Italia e FdI, mentre gli alfaniani di Ap si sono astenuti) sarà utile, come spiegano gli stessi dem, per fissare «criteri uniformi sul territorio nazionale garantendo equità d’accesso» ai pazienti che ormai in numero sempre più alto preferiscono i cannabinoidi agli oppiacei nella terapia del dolore, o li usano in caso di sclerosi multipla, morbo di Parkinson, Alzheimer, dolori neuropatici.

I medicinali, che dovranno essere prescritti con ricetta medica e per trattamenti di durata non superiore a tre mesi, saranno a carico del Ssn solo per alcune patologie. Alle regioni e alla province autonome resta il compito di monitorare le prescrizioni e prevedere il fabbisogno per l’anno successivo. Norme specifiche prevedono poi «campagne di informazione», «aggiornamento periodico dei medici e del personale sanitario» e promuovono la ricerca scientifica. Tutto con lo stesso budget di un 1,7 milioni di euro da stanziare.

E MENTRE LE DESTRE proibizioniste sbraitano di «legge grimaldello» e di «legalizzazione mascherata», promettendo di fermarla al Senato, il liberale Della Vedova accusa il Pd, «diviso al proprio interno e che non ha voluto litigare con i compagni di cordata di Ap», di essere il principale responsabile dell’«occasione persa». «Quello della legalizzazione è un tema popolare, su cui gli italiani si esprimono in maggioranza a favore – scrive il radicale su Fb – Hanno vinto i proibizionisti e tutto resterà uguale: soldi alle mafie, nessun controllo sulle sostanze, giudici e carceri impegnati a reprimere e rieducare “criminali” che fanno uso di cannabis, risorse sottratte al bilancio pubblico».

Il Forum Droghe parla di «testo deludente», e nota che «la maggioranza ampia in favore della legge dimostra che una certa sensibilità per l’argomento esiste anche fra i banchi parlamentari, e fa intuire come si potesse lavorare su un testo più avanzato, anche solo sulla cannabis terapeutica». La Coldiretti invece chiede «l’estensione della produzione nelle serre abbandonate o dismesse a causa della crisi nell’ortofloricoltura», prospettando un «giro di affari di 1,4 miliardi e almeno 10 mila posti di lavoro».