Il mese scorso l’Ohio è diventato il 24esimo Stato Usa (oltre alla capitale Washington) ad approvare la piena regolamentazione della cannabis: fin da subito i maggiori di 21 anni potranno possedere un massimo di 71 grammi (2,5 once) di infiorescenze e 15 grammi di concentrati. E sarà possibile coltivare fino a sei piante per uso personale, con un massimo di 12 per famiglia.

Invece rispetto alla futura commercializzazione, che per il momento prevede un’imposta sulle vendite pari al 10% e lo storno del 36% degli introiti per iniziative locali di equità sociale e di occupazione, il fronte conservatore ha subito proposto emendamenti e revisioni in senso restrittivo. L’ennesimo tentativo di inficiare la volontà popolare, dopo che i politici statali hanno rimandato più volte la discussione in aula sulla riforma bipartisan proposta dal deputato democratico Casey Weinstein, il quale ha prontamente spazzato via ogni dubbio: «I cittadini si sono espressi in modo forte e chiaro».

Ecco così che, aggiungendo i sette Stati in cui l’uso personale è depenalizzato, oggi oltre la metà degli statunitensi vivono in luoghi dove è legale consumare marijuana. E altri 38 Stati ne consentono l’uso terapeutico secondo varie modalità. Questa modalità va anzi trovando ampia diffusione tra gli “over 65”, inclusi molti che non l’avevano mai provata prima e finanche nei centri per anziani. Ciò per far fronte soprattutto ai fastidi tipici dell’età avanzata come insonnia, ansia, dolori e per alleviare gli effetti di condizioni quali cancro, Parkinson, senilità.

foto di Joe Biden
Joe Biden

Secondo gli ultimi dati delle autorità sanitarie nazionali, l’uso da parte di questa fascia di popolazione è passato da meno del 3% nel 2016 a oltre l’8% nello scorso anno. In Florida, il 20% delle vendite nei dispensari statali riguarda gli ultra 55enni.

Pur raccomandando cautela, informazione e consultazione medica per evitarne potenziali rischi o interazioni negative con altri medicinali, si tratta di un accorto uso terapeutico basato su derivati di piante ad alto tasso di CBD e CBN, e minimo principio attivo (THC), anche in sostituzione dei farmaci tradizionali che provocano effetti collaterali molteplici e spesso pesanti.

Un trend che gli esperti prevedono in netta crescita, come conferma l’ennesimo sondaggio Gallup dello scorso ottobre: circa due terzi degli “over 55” si dicono a favore della legalizzazione.

Il tutto rientra ormai nell’ordinaria amministrazione (la notizia dell’Ohio non ha neppure raggiunto Tg nazionali o testate mainstream), mentre si fa sempre più urgente la tanto sbandierata riclassificazione della cannabis a livello federale e/o una normativa ad hoc finalmente approvata dal Congresso capace di superare i tanti cavilli locali e soprattutto di voltare pagina dopo i disastri causati da oltre mezzo secolo di proibizionismo.

Passo che purtroppo appare sempre più lontano, viste le attuali gatte da pelare dell’amministrazione Biden: gestire le ricadute delle guerre internazionali in corso, rintuzzare le manovre repubblicane tese a sfaldare ulteriormente il tessuto democratico (vedasi la sceneggiata dell’elezione dello speaker alla Camera) e smontare i sondaggi che lo danno già in svantaggio alle presidenziali del prossimo novembre rispetto all’indomito Trump (43% contro 46%).

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In tal senso, la recente tornata elettorale, con cannabis e aborto a fare da traino, ha rivelato la massiccia (e in parte inattesa) mobilitazione del voto progressista. Ma ulteriori ritardi o silenzi nel raccogliere questa diffusa istanza antiproibizionista significherebbero far perdere a Biden un sostegno cruciale per bloccare il possibile ritorno del trumpismo, proprio tra quel 70% della popolazione che appoggia e auspica l’immediata riforma delle normative sulla droga.

Il processo di legalizzazione negli Usa raccontato nel podcast l’Onda Verde su tutte le piattaforme.