Da sette sono salite a nove le persone inserite a loro insaputa nella lista Napoli Vale, la civica diretta espressione della candidata Pd alle scorse comunali, Valeria Valente, che oggi sarà sentita in procura dal pm Stefania Buda.

Nel registro degli indagati per ora c’è un solo nome, il consigliere comunale Salvatore Madonna, che ha autenticato le nove candidature inconsapevoli, l’ipotesi di reato è violazione della legge elettorale. La validazione dei documenti (cioè la verifica delle firme in calce all’accettazione della candidatura alla presenza del diretto interessato con relativo documenti d’identità) sarebbe avvenuta in un solo giorno, il 6 maggio 2016: il termine per la presentazione delle liste scadeva il 7 alle 12.

A svolgere il ruolo di pubblico ufficiale furono in tre. Vincenzo Varriale (non rieletto) era entrato nel parlamentino di Napoli in quota Idv ma alla vigilia delle elezioni era passato con i Moderati, per la civica si era occupato solo dei candidati di riferimento della sua area. Del resto delle firme, il numero maggiore venne affidato al consigliere comunale Pd, rieletto, Salvatore Madonna. Le altre al consigliere dem Antonio Borriello (non rieletto), protagonista dei video durante le primarie quando venne ripreso mentre consegnava un euro per votare Valente. La candidata Pd non è poi arrivata al ballottaggio ma è rimasta in consiglio come capogruppo dem sommando l’incarico a quello di parlamentare.

Da quando è esploso il caso Listopoli, Valente ripete di essere parte lesa. I nomi inseriti senza consenso sono un quarto dell’intera civica (ma i controlli vanno avanti) e gli inquirenti si stanno chiedendo perché avere tanti candidati che non hanno fatto campagna elettorale (eppure hanno racimolato una manciata di voti). L’obiettivo potrebbe essere stato quello di aumentare il «peso politico» dello schieramento attraverso un alto numero di nomi in lista, oppure qualche esponente del partito avrebbe deciso di mostrarsi particolarmente efficiente nel cooptare sostenitori. I nomi sono quasi tutti di donne, così sorge anche il sospetto che sia servito ad aggirare l’obbligo di presentare un terzo di candidature femminili.

[do action=”quote” autore=”Vincenzo De Luca”]Non ci sono giustificazioni c’è solo da vergognarsi[/do]

Resta da chiarire chi ha sottratto i dati sensibili e chi, nello staff di Valente, ha presentato i documenti da validare. Nell’organizzazione della campagna elettorale, il ruolo principale era di Gennaro Mola: proveniente dalle file del Pci, ex assessore comunale all’Igiene urbana nella stessa giunta Iervolino in cui Velente era assessore al Turismo, lasciò l’incarico quando ufficializzarono la loro relazione. Mola non solo era l’uomo di punta del comitato elettorale, ma anche la persona riconosciuta da una della candidate inconsapevoli, l’avvocato Donatella Biondi.

Biondi, come gli altri malcapitati, ha ricevuto dalla Corte di Appello l’intimazione a presentare le spese elettorali scoprendo così di essere finita nella lista Napoli Vale. Quando chiamò la segreteria di Valeria Valente per protestare, le venne fissato un appuntamento a cui si presentò Mola con un modulo già compilato con cui attestare zero spese. Il racconto di Biondi è stato acquisito dal pm. Anche Mola dovrebbe essere convocato in procura, potrebbero essere sentiti anche gli altri collaboratori impegnati nella chiusura delle liste: Ciro Cacciola, Ciro Accetta e Francesco Marra.

[do action=”quote” autore=”Antonio Bassolino”]La vicenda non riguarda la lista del Pd, ma il danno per il partito è enorme[/do]

«Siamo ai piedi di Pilato» commenta Antonio Bassolino, battuto alle primarie proprio da Valente, a proposito del Pd. I segretari provinciale e regionale dem scaricano la responsabilità sulla candidata: «Si tratta della sua civica» ripetono. Secondo il governatore Vincenzo De Luca «è una vicenda vergognosa».

Il flop

Dopo aver sconfitto alle primarie Antonio Bassolino (con il 43,7% contro il 42,2), Valeria Valente, esponente dem dei «giovani turchi», alle elezioni, sostenuta anche dai verdiniani di Ala, è arrivata terza, dopo Gianni Lettieri e Luigi de Magistris.