La controffensiva ucraina passa per gli attacchi in territorio russo. I funzionari di Kiev spiegano così i bombardamenti diretti alla regione russa di Belgorod e le sempre più frequenti incursioni dall’altra parte della frontiera dirette a infrastrutture civili e militari, come il deposito di idrocarburi di Krasnodar. Ma che effetto avranno queste azioni sulla guerra mentre l’artiglieria russa continua a martellare senza sosta Kiev (dove ieri sono morti altri 3 civili, fra cui una bambina di 9 anni) e le altre grandi città ucraine è difficile dirlo.

SECONDO DMITRY PESKOV, portavoce del Cremlino, l’operazione militare speciale non sarà influenzata dai bombardamenti oltre confine. «Il presidente (Putin) viene costantemente informato sulla situazione nella regione e rimane in contatto con il governatore» locale, ha dichiarato Peskov, come per sottolineare che è tutto sotto controllo. Anche se sappiamo che la verità è un’altra: a metà giornata di ieri il ministero della Difesa ha affermato in una nota di aver respinto un «tentativo di invasione» ucraino con carri armati e truppe. Il che vuol dire, da un lato che qualcosa continua ad accadere in quella zona grigia che è la frontiera tra Kharkiv e Belgorod, e dall’altro che il ministero ha bisogno di far sapere che i nemici «sono stati respinti». In altri tempi, un’azione di guerriglia da parte di manipoli di russi filo-ucraini sarebbe stata definita una provocazione, un’operazione di infiltrati o, addirittura, una pagliacciata, Mosca non avrebbe mai dato importanza a tali avvenimenti. Ora invece sì, le incursioni della scorsa settimana, i droni che per la seconda volta si abbattono sugli edifici della capitale (vicino alla residenza di Putin), le raffinerie in fiamme e i primi sfollati interni ci aiutano a capire che la situazione è tutt’altro che sotto controllo.

ACQUA CHETA pronta a rivolgersi in mulinelli letali per l’amministrazione. Anche perché a ogni svolta c’è un Prigozhin pronto a criticare, un Solovyev che accusa di debolezza e un Medvedev che minaccia apocalissi nucleari. Le immagini diffuse ieri degli sfollati di Shebekino (regione di Belgorod), ad esempio, non hanno lasciato indifferenti i civili russi residenti vicino alle frontiere e le chat cittadine sui vari social network si sono riempite di allarmi e preoccupazioni.
Poco dopo, il capo è intervenuto. «Non c’è dubbio che la Federazione russa vincerà nell’operazione militare speciale» ha detto Putin citato da Ria Novosti. Ma non si tratta solo di piegare il nemico, è il cambio di narrativa che colpisce: «Stiamo difendendo la nostra terra» ha infatti aggiunto. Ormai il Cremlino ha abbandonato il ruolo di aggressore, tutti ricorderanno «riprendiamo le nostre terre storiche», «la Crimea è un errore di Krusciov», «l’Ucraina non esiste»… ora la propaganda ha virato decisamente e si tratta di resistere e sopravvivere alle ingerenze occidentali e della Nato. La quale, del resto, non fa niente per nascondersi e si riunisce in Moldavia, a poca distanza da quella «linea di sicurezza» sempre evocata da Mosca.
Ma l’attesa della controffensiva ucraina che sta consumando i media e alcuni politici occidentali può nutrirsi solo di questi attacchi in territorio russo? La risposta è no, anzi, quelli che Sofri su Il Foglio ha definito gli «spettatori paganti» (riferendosi alle forniture militari) si aspettano dei risultati. Vogliono una replica esatta della controffensiva dello scorso autunno, Kharkiv liberata, mezzo Donetsk riconquistato. Una cavalcata trionfale insomma, con le bandierine dei paesi occidentali sui mezzi e gli armamenti bene in vista, perché si sappia che la vittoria della democrazia parte da lontano.

ANZI, A LUNGO andare gli attacchi in territorio russo potrebbero addirittura infastidire gli alleati occidentali. Washington l’ha già detto: «Non autorizziamo e non condividiamo». L’unico che al momento insiste sull’allargamento del conflitto è il governo di Londra. Spalleggiato occasionalmente da varie personalità di spicco come Jens Stoltenberg, segretario generale della Nato, che ieri ha dichiarato a proposito dei droni su Mosca: «L’Ucraina ha il diritto di difendersi».
L’Occidente vuole gli «anfibi sul terreno», vuole vederla la controffensiva. Intanto però a Kiev, a Odessa, a Kherson e da qualche tempo anche a Belgorod le bombe continuano a cadere.