È durato soltanto due giorni il valzer del ballottaggio tra Carlo Calenda e il candidato del centrosinistra Roberto Gualtieri. Alla fine di una giornata di abboccamenti e ritirate, il leader di Azione è ospite di Otto e Mezzo su La7. Qui ribadisce a Lilli Gruber la sua determinazione nel non voler fare «né alleanze né apparentamenti». Ma poi concede quello che aveva negato fino a pochissimo prima: «Penso sia giusto andare a votare al ballottaggio e come tale sicuramente non voterò Michetti ma voterò Gualtieri, perché mi corrisponde di più. Michetti non ha uno straccio di programma, uno straccio di classe dirigente». L’interessato incassa: «Sono contento, avevo detto che mi avrebbe fatto piacere avere il suo sostegno e lo ringrazio per avere detto che mi voterà».

NEL CORSO della giornata, Calenda aveva specificato le sue condizioni per la dichiarazione di voto, a partire da quella decisiva: che Gualtieri non imbarcasse nessuno del Movimento 5 Stelle nella sua giunta. L’ex ministro dell’economia aveva avuto buon gioco a garantire che nulla di tutto questo sarebbe avvenuto. «Ho detto che non ci saranno 5 Stelle in giunta, sono abituato a dire le stesse cose prima del primo e del secondo turno. Lo confermo. Noi siamo abituati a fare ciò che diciamo», aveva chiarito nel mezzo di una visita al Ponte di ferro che si è incendiato qualche giorno fa che ha condotto con piglio da amministratore in pectore piuttosto che da candidato. Come se non bastasse, è arrivata anche la dichiarazione di voto per Gualtieri di Matteo Renzi. In questo modo, la partita di Roma diventa crocevia dei nuovi equilibri nel centrosinistra allargato che ha in mente il segretario del Pd Enrico Letta. E il sostegno a Gualtieri rappresenta il primo passaggio della gamba centrista che Calenda e Renzi andrebbero a costituire nel futuro prossimo.

SONO ORE IN CUI pare proprio che tutte le palle del centrosinistra vadano in buca. Perché tutto ciò lascerebbe pensare che l’altro soggetto del triangolo elettorale romano, il M5S, si irrigidisca. E invece Giuseppe Conte, dalla Sicilia, manda messaggi di distensione e accondiscendenza: «Gualtieri non ha detto nulla di meno o di più di quello che riteniamo: non avendo chiesto nulla e non avendo mai pensato di avere assessori, non era all’ordine del giorno».

ANCORA PIÙ ESPLICITA la sottosegretaria allo sviluppo economico del M5S Alessandra Todde, considerata molto vicina al nuovo leader e in procinto di entrare nella sua segreteria: «Non sono romana, non voto a Roma, quindi il mio giudizio non è da cittadina – dice Todde – Ma ho lavorato molto bene durante il Conte 2 con Roberto Gualtieri ministro e ne ho apprezzato la professionalità e lo spessore. Quindi credo si capisca chi sceglierei come sindaco». Anche Stefano Patuanelli, che per il ballottaggio della sua Trieste fa endorsement per il candidato del centrosinistra Francesco Russo, ci tiene a sottolineare il buon lavoro fatto con Gualtieri quando erano al governo assieme.

L’UNICA A MUGUGNARE, paradossalmente, è quella Roberta Lombardi che è già dentro la giunta regionale del Lazio di Nicola Zingaretti nell’immediatezza del voto aveva contestato le barriere innalzate da Raggi e che adesso non gradisce la pregiudiziale posta sull’ingresso dei 5 Stelle nella giunta capitolina.

MA IL CLIMA non tira aria di rivendicazioni. Tanto che dall’interno del M5S si mormora che Conte nei giorni a ridossi del voto romano potrebbe fare delle dichiarazioni ancora più esplicite a sostegno del candidato del centrosinistra. Di certo l’ex presidente del consiglio nei prossimi giorni verrà contattato da Gualtieri, come fa sapere quest’ultimo. Che non a caso afferma che la legalità sarà il suo «assillo». II candidato dem parla con «rispetto» anche di Raggi: «Riconosco il suo impegno e la sua determinazione», dice. Nei prossimi giorni la sindaca uscente incontrerà sia Michetti che Gualtieri al Campidoglio. Anche qui, Gualtieri ci tiene a parlare quasi da istituzionale, come se la sua salita al Campidoglio rappresenti un passaggio di avvicendamento: spiega dunque che in questa fase bisogna «leggere i dossier» che provengono dall’amministrazione precedente, a partire da quello di Expo 2030. Prima, però, Gualtieri dovrà battere Enrico Michetti e la destra alle urne.