Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha parlato ieri di immigrazione nel question time alla Camera. Con l’assist di un paio di deputati della maggioranza ha snocciolato i numeri che dimostrerebbero l’efficacia dell’azione governativa: -63% di sbarchi rispetto all’anno record del 2023 e ora anche -20% sul 2022, quando in carica c’era l’esecutivo Draghi. Complessivamente sono stati 34.762 (contro i 93.467 e 44.637 dei due anni precedenti).

Il governo è sicuro che il calo dipenda dalla cooperazione con i partner della sponda sud del Mediterraneo: il regime tunisino di Kais Saied e le milizie libiche. Cooperazione che, spiega Piantedosi, consiste sia in formazione del personale e fornitura di strumenti operativi, sia nei rimpatri assistiti realizzati insieme a Oim e Unhcr. Quest’anno sono stati 5.111 dalla Libia e 3.800 dalla Tunisia. In pratica le persone migranti sono rispedite a casa in maniera “volontaria” direttamente dai paesi di transito. Le virgolette indicano che diversi attori impegnati nella tutela dei diritti umani, tra cui l’Asgi, nutrono forti dubbi sul fatto che chi si trova nei centri di tortura libici o è perseguitato dai militari tunisini possa optare per il rimpatrio in maniera libera.

Poco importa, dal punto di vista del governo Meloni. La sua ipotesi di lavoro è tutt’altra: il concetto di «deterrenza». Ovvero rendere più difficile il viaggio verso l’Italia e complicare la vita a chi, nonostante tutto, riesce ad arrivare. In questo senso Piantedosi sottolinea: l’aumento del 20% rispetto al 2023 dei rimpatri forzati dal nostro paese (3.080) che avrebbero, appunto, un «effetto deterrente»; l’arresto di 144 presunti “scafisti” (16 in più dell’anno scorso quando, però, gli sbarchi erano stati più del doppio); l’apertura dei centri in Albania.

Su quest’ultimo punto il titolare del Viminale afferma che il ritardo nella partenza del progetto dipende dalla natura del terreno dove è in corso la realizzazione delle strutture detentive e dall’ondata di «caldo anomalo» che ha fatto rallentare i turni degli operai. Il ministro non risponde sulla data di inaugurazione dei centri, che comunque si sta avvicinando. «L’obiettivo è gestire lì un cospicuo numero di procedure accelerate di frontiera, che da gennaio 2026 costituiranno un obbligo per gli stati membri in virtù del Patto su immigrazione e asilo», afferma Piantedosi.

Un altro tassello della strategia anti-migranti di cui il governo si ritiene soddisfatto, soprattutto alla luce dei numeri che renderebbero il successo oggettivo. Non è d’accordo il deputato Pd Matteo Mauri: «Degli sbarchi record del 2023 avete dato la responsabilità a “ragioni esogene”. Ora dite che i flussi sono diminuiti grazie alle leggine che avete approvato. Ma i motivi che spingono le persone a partire non dipendono dalla vostra propaganda o dalle politiche degli Stati nazionali».

Un calo analogo a quello del Mediterraneo centrale si registra anche sulla rotta balcanica: -72%, ha detto martedì il ministro degli Interni serbo, rivendicando l’azione del suo governo.