I carri armati in Ucraina non arriveranno domani, forse ci vorranno mesi, ma il loro effetto mediatico è già devastante. Tra chi si lancia in commenti sul perché «ora l’Ucraina può vincere» e chi teme il disastro nucleare rispolverando «l’orologio dell’Apocalisse», la giornata di ieri ci consegna un dato che non possiamo ignorare: il conflitto si inasprirà.
A quasi un anno dall’invasione russa dell’Ucraina non solo non c’è alcuna prospettiva di dialogo negoziale, ma si è giunti al definitivo innalzamento del livello dello scontro. Partiamo dalle considerazioni del consigliere presidenziale ucraino Mykhailo Podolyak: «Confermo ufficialmente che un’escalation interna della guerra in Russia è inevitabile. E saranno effettuati attacchi diversi contro obiettivi diversi. Perché, da chi e per quale scopo è un’altra questione, e non ne possiamo discutere oggi … città degradate e pigre come Mosca, San Pietroburgo, Ekaterinburg che pensano di vivere in una realtà diversa, lo vedranno». Oltre all’estratto citato da Unian, Podolyak ha anche descritto su Telegram uno scenario apocalittico in cui la Russia imploderà e sarà costretta a far fronte a proteste interne e al disfacimento delle sue istituzioni. «La data in cui questo scenario diverrà reale dipende dagli strumenti che l’Ucraina ha e da quando riceverà l’esatto numero di armi chiaramente indicate». Chissà se Kiev crede veramente che riuscirà a ottenere caccia e armi a lunga gittata o è solo una mossa della propaganda. D’altronde, bisogna riconoscere che quasi tutti i divieti della Nato sono caduti nel corso dell’ultimo anno.

IL CREMLINO ha replicato che le minacce di Podolyak sono una «conferma della correttezza» della guerra in atto, dichiarata per «proteggerci da questo pericolo», come ha spiegato il portavoce di Putin. Ma, tralasciando la giustificazione retorica di chi prima attacca e poi afferma di essere nel giusto quando vede che l’aggredito risponde invece di implorare pietà, è senz’altro notevole che il braccio destro di Zelensky dica chiaramente «stiamo arrivando».

EPPURE BIDEN nell’annunciare l’invio dei carri armati Abrams a Kiev ha due volte specificato che «non è una minaccia alla Russia». Ma come potrebbe Mosca non sentirsi minacciata a questo punto? Ovvero, sapere che molti membri della Nato hanno previsto una fornitura di tank di certo non farà dormire sonni tranquilli allo stato maggiore russo. Addirittura gli ucraini si prendono gioco delle batterie di contraerea montate sugli edifici di Mosca «per paura». Vadym Skibitskyi, il vice-capo dell’intelligence di Kiev ha detto chiaramente che «il Cremlino si trova nel raggio d’azione dei mezzi militari ucraini» parlando per la prima volta apertamente di attacchi sul territorio russo.

IL FATTO CHE I SERVIZI segreti e uno dei pochi fedelissimi rimasti al presidente ucraino (gli altri se li sono portati via gli scandali degli ultimi giorni che, tra l’altro, non sembrano esauriti) si dimostrino così aggressivi nel giorno in cui Germania e Usa annunciano il via libera alle forniture di carri armati non può essere casuale. Il governo di Kiev è in difficoltà, la sua reputazione di fronte all’opinione pubblica internazionale e interna è stata minata dalle indagini dell’ufficio anti-corruzione (Nabu). Zelensky non può permettersi di mostrare al mondo che i tanto vituperati oligarchi, dipinti come degli orchi mangiatutto, si trovano anche nel suo Paese, peraltro in un momento così drammatico. Eppure ci sono e non si dimentichi che la lotta alla corruzione era stata uno dei cavalli di battaglia della campagna elettorale dell’attuale leader ucraino. Una promessa elettorale disattesa che prima della guerra aveva portato il partito del presidente a un significativo calo nei sondaggi. Ma poi l’invasione russa ha livellato tutto portando l’attenzione degli ucraini a ben altri problemi. Zelensky si è dimostrato un leader carismatico, l’Occidente lo ascolta e lo supporta e tanto basta. Almeno per ora.

INFATTI IL PRESIDENTE ucraino ieri ha tranquillamente ringraziato il cancelliere Sholz e il presidente Biden per i carri armati e ha sollecitato gli alleati affinché se ne invii il giusto numero, «almeno 300». Non è un rimando alla battaglia delle Termopili anche se il tono adottato dal ministro degli Esteri Kuleba non era esente da un’aria epica alla Tolkien (così la coalizione dei carri armati è nata, cfr).
Tuttavia, sembra che per l’arrivo di questi mezzi al fronte ci vorranno mesi e fino ad allora Kiev ha bisogno di tenere alto il morale delle truppe e di alimentare la speranza dei civili in una fine vittoriosa del conflitto. Almeno in una fine, dato che al momento la guerra sembra destinata solo a peggiorare.