Una irruzione nel presidio sanitario umanitario di Bardonecchia, derubricata a scontro patriottico tra Italia e Francia. Da molti mesi il locale messo a disposizione dalle Ferrovie dello Stato, in collaborazione con il comune di Bardonecchia, prefettura di Torino, e le associazioni Rainbow4Africa e Recosol, rappresenta l’ultimo approdo prima della grande traversata verso ovest dei migranti.

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VENERDÌ SERA un giovane nigeriano era in viaggio verso Napoli, con regolare biglietto. Partito da Parigi è stato individuato poco prima della frontiera italiana. Per ragioni ignote la gendarmeria gli ha imposto di scendere alla stazione di Bardonecchia. La stazione di polizia italiana si trova a cento metri dalla saletta della stazione ferroviaria. I militari francesi si sono ben guardati dal raggiungere, e tantomeno dall’avvertire, i colleghi. Gli automezzi della polizia italiana sono però visibili a occhio nudo e un controllo su quanto avviene nella stazione, e nei dintorni, è sempre attivo.

I poliziotti italiani sono arrivati solo dopo essere stati avvertiti dai volontari, e la gendarmeria era ormai sulla strada di casa. Martina, ricercatrice universitaria di Genova, si trovava nella stanza e così descrive il clima dell’irruzione: «I militari erano molto decisi, arroganti in ogni secondo della loro azione. Hanno alzato la voce con tutti». L’aggressività dei doganieri francesi sta assumendo forme insolite: ieri pomeriggio avanzavano richieste di documenti perfino ad alcuni giornalisti italiani.

Il giovane nigeriano, che non parla francese, è stato costretto in un angolo dove ha urinato dentro a una provetta. L’esito dell’analisi è stato negativo e dopo pochi minuti i militari francesi, contrariati, se ne sono andati urlando.

Il ragazzo sospettato di essere una spacciatore – rimane l’enigma di come si possa provare una simile accusa attraverso un esame delle urine anche nel caso di esito positivo – è stato poi liberato e ha proseguito il suo viaggio verso Napoli. Il giovane non deteneva alcuna sostanza stupefacente.

La polizia francese poteva effettuare lo stesso controllo a Modane, pochi chilometri prima del confine, ovvero dove opera il filtro anti immigrazione. Non l’ha fatto. Il ragazzo inoltre non è stato ufficialmente fermato, ma gli è stata fatta firmare un’autorizzazione: è facilmente intuibile con quali pressioni.

I militari hanno quindi deliberatamente scelto di fare un’irruzione dentro il rifugio dove operano medici e volontari, rendendo un controllo molto semplice – formalmente traballante sul piano legale – platealmente ostile.

PAOLO NARCISI, presidente di Rainbow4Africa, commenta: «Riteniamo questi atti delle ignobili provocazioni. Abbiamo fiducia nell’operato delle istituzioni e della giustizia italiana, che sono state investite della responsabilità di attuare i passi necessari verso la Francia. Il nostro unico interesse rimane assicurare rispetto dei diritti umani dei migranti».

Aggiunge l’avvocato Lorenzo Trucco, presidente di Asgi (Associozione studi giuridici immigrazione): «Quanto accaduto è una gravissima violazione non solo di quel sistema dei diritti umani che dovrebbe contraddistinguere l’Europa, ma anche dei principi basilari della dignità umana, intollerabile nei confronti di persone venute per richiedere protezione. Si valuterà pertanto ogni possibile azione per contrastare simili comportamenti».

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LO SCONTRO arriva dopo l’apertura di un secondo fronte, quello di Claviere, dove la chiesetta rifugio continua a operare a pochi metri dal confine francese. Una condizione di eccezionalità che sta diventando normalità.

Il governo francese – è improbabile che un’operazione di tale portata internazionale possa essere dovuta a intemperanze dei militari – ha scelto quindi di dare un “avvertimento” direttamente a chi opera nell’assistenza ai migranti. Istituzioni e volontari.

Prova di questo è data dal continuo flusso di uomini e donne che vengono riportati indietro dalla gendarmeria. Ieri pomeriggio, nel cuore delle polemiche politiche e mediatiche, il solito furgoncino con targa francese scaricava Tarek M. tunisino. In arrivo da Napoli, veniva fermato a Modane dopo un viaggio di quasi mille chilometri. Dotato di carta d’identità italiana e con regolare permesso di soggiorno, veniva respinto dato che i francesi non accettavano la ricevuta di pagamento che attesta il rinnovo del permesso scaduto. Colpa della burocrazia italiana che non gli ha fatto avere il documento dopo quasi due mesi di attesa. Tarek M. stava andando a Lione, dove la sorella malata terminale. Ma evidentemente in Francia ci sono ordini precisi: non passa nessuno e nessuna pietà.