La risposta ungherese ai vertici UE e NATO, tenutisi la settimana scorsa a Bruxelles con argomento principale il conflitto russo-ucraino, non è stata particolarmente conciliante nei confronti delle richieste atlantiche. Lo si è chiarito una volta resa nota la dichiarazione ufficiale del governo di Budapest in seguito al summit.

Il documento si riferisce infatti a proposte messe all’ordine del giorno che, secondo i governanti danubiani, potrebbero danneggiare gli interessi nazionali ungheresi che l’esecutivo intende tutelare con tutto il suo impegno.

Si sa che il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj ha partecipato ai vertici in collegamento video e chiesto l’introduzione di sanzioni in ambito energetico nei confronti di Mosca. Il capo di stato del paese in guerra si sarebbe poi rivolto direttamente alla delegazione ungherese con la richiesta di un invio di armi in Ucraina. La risposta del primo ministro Viktor Orbán non è stata affermativa, egli ha infatti respinto tali richieste menzionando gli interessi del paese da lui governato. “Comprendiamo che il capo di stato ucraino tuteli gli interessi del suo paese – ha detto il premier – ma anche gli altri devono comprendere che noi dobbiamo tutelare gli interessi ungheresi”. Orbán ha poi aggiunto: “Noi non vogliamo andare alla deriva in questa guerra. Lo sforzo comune della NATO dovrebbe essere di impedire che la guerra si espanda oltre i confini ucraini”.

A crisi ormai conclamata ma prima ancora dell’intervento militare russo, il ministro degli Esteri Péter Szijjártó aveva dichiarato ufficialmente che l’Ungheria sosteneva una gestione della crisi con mezzi diplomatici. Bisogna poi ricordare che, uniche in tutta l’Europa centro-orientale, le autorità di Budapest avevano rifiutato di aderire all’invio di truppe NATO proposto da Biden per affrontare le gravi tensioni in atto tra Mosca e Kiev; “non vogliamo una nuova guerra fredda”, aveva detto Szijjártó.

Oggi possiamo dire che dopo i colloqui con la NATO, il primo ministro Orbán ha affermato che l’Ungheria non invierà truppe in Ucraina, né truppe né armi.

Come già precisato l’Ucraina ha chiesto di dar luogo a sanzioni energetiche contro la Russia, una proposta condivisa anche da altri paesi. Orbán, però, non è d’accordo; vi è infatti da considerare che nel paese l’85% delle forniture di gas per il riscaldamento proviene dalla Russia, lo stesso dicasi per il 64% delle importazioni di petrolio. Così l’Ungheria è tra i paesi che hanno respinto questa proposta, e l’ha fatto per continuare a ricevere gas e petrolio.

Da ricordare che, a crisi già in atto, quando si intuire uno sviluppo armato della medesima, Orbán e Putin si incontravano a Mosca, un incontro criticato da Uniti per l’Ungheria, il blocco dell’opposizione al premier, e visto con diffidenza dai vertici dell’UE. Al centro dei colloqui ci sono state le questioni energetiche. Del resto, prima ancora di partire, Orbán aveva chiarito l’intenzione di incrementare le importazioni di energia.

Già l’Ungheria aveva concluso con la Russia un accordo per la fornitura di 4,5 miliardi di metri cubi di gas aggirando l’Ucraina, un accordo valido fino al 2036 e siglato lo scorso anno.

Aspetti di carattere energetico legano i due paesi e i due sistemi che convergono sulle modalità di governo e di gestione del potere. Le autorità di Budapest ricordano di aver condannato l’intervento militare russo e di essere preoccupate per l’integrità territoriale dell’Ucraina. Il governo ungherese sottolinea, però, il fatto che il suo obiettivo principale resta quello di preservare la pace e la sicurezza dell’Ungheria, ricorda il suo impegno a fornire assistenza a chi ne ha bisogno in questo frangente ma afferma che non può permettere che il prezzo della guerra venga pagato dalle famiglie ungheresi.