Jeremy Gilbert è professore di teoria culturale e politica presso la University di East London. Tra le sue pubblicazioni più recenti, Twenty-First-Century Socialism (Polity 2020) e Hegemony Now: How Big Tech and Wall Street Won the World, co-autore con Alex Williams (Verso 2022).

Professor Gilbert, c’era da aspettarsi una cosa del genere? La stupisce o era prevedibile?
Penso sia sorprendente che sia successo con questo grado di ferocia e così rapidamente, anche se per chi appartiene alla sinistra in senso ampio, le aspettative che l’elezione del governo Starmer avrebbe portato a un’impennata dell’attività dell’estrema destra c’erano eccome.

Anche se c’è anche una sorta di modello nei disordini sociali nel mondo anglosassone: periodiche esplosioni di indisciplina e rivolte, come per i riots del 2011.
Allora c’era un grave scoppio di rabbia da parte dei giovani contro l’intenzione del governo di perseguire un programma di austerità a lungo termine, che avevano completamente e correttamente compreso avrebbe limitato così gravemente il loro futuro. Questo è un diverso gruppo sociale, la loro analisi di ciò che sta accadendo è molto più incompleta e alimentata da cospirazioni online. Non credo si possa ridurlo interamente a una sorta di epidemia periodica, ma anche se il numero di persone coinvolte è piuttosto piccolo, non ricordo di dozzine di attacchi verificatisi in un solo giorno. C’è poi Reform Uk, il partito di estrema destra, che ha seggi in Parlamento, una cosa che non succedeva dagli anni Trenta e che fornisce una forma di espressione istituzionale a questo tipo di politica. C’è infine la frustrazione per il fatto che il sistema democratico è completamente sfasciato.

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C’è poi l’ostilità endemica di questi governi Tory nei confronti dei migranti – basti pensare all’“ambiente ostile” di Theresa May – che ha fornito terreno fertile per questo tipo di estremismo.
Non c’è dubbio che ci sia un ciclo di amplificazione dei messaggi di estrema destra sugli immigrati che attraversa la cultura politica britannica fin dai primi anni Settanta. In realtà, ciò che determina il modo in cui una corrente diventa visibile in un determinato momento ha in gran parte a che fare con le circostanze economiche. C’è un periodo dalla metà degli anni Novanta ai Duemila circa in cui il messaggio è relativamente debole, perché in generale le prospettive erano abbastanza positive per la maggior parte delle persone; quando peggiorano, esso tende a diventare più intenso, come del resto il bisogno per la destra e il capitale e le sue agenzie di incolpare altri da se stessi per le difficoltà e le crisi. È certamente vero che la maggior parte del governo Tory da May in poi e anche Johnson e Sunak, ha certamente avviato una nuova fase di sdoganamento del discorso anti-immigrazione di estrema destra a livello di retorica e politica, ma non è che l’ultima fase di un processo che va avanti da mezzo secolo e che nessun governo ha davvero cercato di sfidare: nemmeno il partito laburista guidato da Corbyn aveva una risposta politica coerente su questo. L’ultimo governo Tory ha una certa responsabilità, è imploso sotto la pressione dell’estrema destra perché privo di un progetto politico, a parte l’austerità. Quest’implosione è stata ritardata dalla pandemia e da Brexit, un segnaposto fantastico per la mancanza di un progetto e questo tipo di retorica di estrema destra e di politica simbolica hanno semplicemente occupato lo spazio che sarebbe stato di qualsiasi progetto politico davvero coerente.

Dai tempi della battaglia di Cable Street alla Anti-Nazi League e i concerti antirazzisti alla fine degli anni Settanta, quanto è sano l’antifascismo britannico?
Direi che l’antifascismo stesso gode di una discreta salute, in parte proprio perché la memoria culturale e sociale di quelle cose a cui fai riferimento è molto potente, può essere facilmente evocata. Ma non credo che questo risolva davvero il problema per la sinistra, quello che continua a permettere a queste violenze di crescere, perché è l’antirazzismo come forza organizzata a non essere forte. Non c’è stato un programma politico coerente in questo paese contro il razzismo organizzato dagli anni Ottanta. Quindi farei una distinzione tra antifascismo e antirazzismo. Non c’è mai stata una campagna politica organizzata contro il Daily Mail ad esempio, un giornale i cui proprietari negli anni Trenta sostenevano apertamente Mussolini. L’incapacità di afferrare il concetto che Jeremy Corbyn e i suoi seguaci potrebbero essere stati attori politici legittimi è l’altra faccia della medaglia rispetto all’incapacità di cogliere il punto quanto il Daily Mail sia, in effetti, un giornale fascista che come tale avrebbe dovuto essere trattato da decenni.